10 Aprile 2013

Donatello, Madonna Pazzi

Donatello, Madonna Pazzi
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Alla mostra sugli inizi del Rinascimento appena aperta a Palazzo Strozzi a Firenze c’è un vero mattatore: è Donatello. Tra le opere che lo rappresentano c’è questa Madonna, conservata allo Staatliche museum di Berlino, nota come Madonna Pazzi, perché proveniente dal Palazzo Pazzi di Firenze.

 

È un’opera giovanile di Donatello, ma già lascia trasparire tutti i segni distintivi del suo genio. E il principale di questi segni distintivi è senz’altro la libertà. Donatello è stato infatti il genio trasgressivo di quella incredibile stagione che fu il primo ‘400 fiorentino. Era uno che aveva assimilato l’accelerazione impressa da Brunelleschi con la prospettiva, ma poi l’aveva piegata a funzioni e scopi tutti suoi. Per Donatello la prospettiva infatti diventa funzionale a generare un’escalation di espressività e di drammatizzazione.

 

Lo si vede già in questo bassorilievo, realizzato con una tecnica difficilissima di cui lui è stato maestro insuperabile: lo stiacciato. In sostanza è come se la lastra di marmo più che scolpita sia stata “dipinta” con lo scalpello, quindi con rilievi di minima altezza, il cui spessore di pochi millimetri è però inversamente proporzionale alla potenza dell’immagine che riescono a generare.

 

In questa lastra di 75 cm per 70 Donatello inquadra la Madonna con il Bambino in un ambiente che è una scatola prospettica scorretta dal punto di vista di un’ortodossia matematica, perché sembra suggerire tre punti di fuga differenti, ma che sembra privilegiare una vista dal basso, come di qualcuno che stia inginocchiato davanti all’immagine.

 

Questa scorrettezza in realtà obbedisce a una logica ben chiara a Donatello: stringere lo sguardo dell’osservatore sul centro dell’immagine. È una prospettiva centripeta, che anziché correre verso il punto di fuga, attira senza esitazione verso il cuore del soggetto.

 

Ed è qui che la libertà di Donatello esce allo scoperto immaginando l’intensità affettiva del rapporto tra la Madonna e il Figlio, così come nessuno aveva mai osato rappresentare. Lei appoggia naso e fronte su naso e fronte del bambino, i loro sguardi si incrociano, accesi da un amore reciproco così forte, così tangibile da far palpitare il cuore di chiunque abbia l’avventura di rivolgere il suo di sguardo su di loro.

 

Al resto ci pensano poi le mani che con i loro movimenti accompagnano questo faccia a faccia: quelle di Maria che sostengono il Bambino con la delicatezza e il pudore di una carezza. E quella del Bambino che invece s’attacca al manto di Maria, quasi per tirarla più vicina.

 

Concludo con due pensieri liberi.

 

Primo pensiero. Mi chiedo quanto avrebbe dato Picasso per realizzare un’immagine così. In fondo è quel che ha cercato nei suoi momenti migliori: dipingere un quadro che rendesse l’idea dell’intensità di sguardo di una madre verso suo figlio e viceversa.

 

Secondo pensiero: credo che Donatello insieme a Caravaggio siano i due geni del passato più vicini al nostro tempo. Conoscerlo e scoprirlo a partire da questa immagine è un’avventura appassionante.

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