5 Dicembre 2013

Mantegna, Cristo morto

Mantegna, Cristo morto
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È un quadro di cui in questi giorni si sta molto parlando per via di un nuovo allestimento realizzato da Ermanno Olmi. Ma in realtà è un quadro di cui si parla sempre perché è una delle immagini più forti e folgoranti che siano mai state realizzate. Sto parlano del Cristo morto di Mantegna, conservato alla Pinacoteca di Brera, un capolavoro la cui storia è del tutto misteriosa, e che l’artista teneva ancora nel suo studio al momento della morte nel 1506.

Non si sa perché e per chi Mantegna avesse dipinto questo soggetto che sembrerebbe realizzato più per devozione privata che non per una chiesa. Si sa che il soggetto è legato alla venerazione di una importante reliquia che in quegli anni era caduta nelle mani dei turchi che avevano conquistato Costantinopoli: era la reliquia della “pietra dell’unzione”. Nel quadro di Mantegna si scorge a destra il vaso degli unguenti, mentre a sinistra tre volti, schiacciati verso il margine del quadro, sono contratti in impressionanti maschere di dolore: sono la Maddalena, Maria e san Giovanni. Al centro c’è il celebre “Cristo de scurto”, cioè visto dalla parte dei piedi segnati dalle piaghe. È un’immagine di una drammaticità quasi brutale, con quella prospettiva feroce che mette chi guarda davanti ad una realtà senza scampo. Quasi toglie il respiro tanto è drastica la dimensione di morte di quel corpo appoggiato sul marmo freddo della pietra dell’unzione.

È il momento della notte dell’umano, in cui tutto sembra davvero essere perduto e la morte si dispone con un’evidenza senza scampo. Mantegna chiude lo spazio della tela ad ogni sentimentalismo: c’è solo il dolore scabro dei tre testimoni e questo senso di assedio. Eppure nella sua assoluta assenza di retorica, nella sua forza brutale questo Cristo morto non è affatto un quadro scabroso né tanto meno perverso. È un quadro che esprime una verità senza camuffamento. Che dice della profondità tremenda di quel dolore sperimentato.  Che raggela il cuore ma che fa scattare l’implorazione umile che quella storia non finisca così.

Proprio per questo “non detto” l’immagine creata da quel genio che era Andrea Mantegna fa tanta presa su chiunque vi si imbatta. Per questo tanti registi (Pasolini, ad esempio, in Mamma Roma) e tanti fotografi l’hanno inseguita. Perché è un’immagine irrimediabile che però spalanca una domanda. In questo è, paradossalmente, una delle immagini più vive che siano mai state messe su una tela. È viva in quanto è un concentrato impressionante di energia, dove neanche un centimetro della tela resta inerte. È un grido muto, il cui contenuto sembra essere uno solo: davvero non si può vivere senza di Lui. 

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