12 Maggio 2015

Pablo Picasso, Donne di Algeri

Picasso, Donne di Algeri
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A volte per capire a fondo un quadro bisogna esplorarne la storia. Questa opera di Picasso che all’asta di New York ha sfondato ogni record con 180milioni di dollari (non è il quadro più caro della storia perché l’anno scorso un Gauguin venne venduto a trattativa privata per 300milioni di dollari). Le donne di Algeri hanno una storia che è bello conoscere, perché ci parla di tre amori di Picasso. Il primo è Françoise Gilot, la donna con cui l’artista aveva vissuto; il secondo è Eugéne Délacroix, da una cui opera il quadro ha preso ispirazione; il terzo è Henry Matisse, che era morto nel novembre del 1954 e a cui questo quadro è dedicato.

I tre amori di Picasso

Partiamo da questo terzo amore. Il rapporto tra Matisse e Picasso è sempre stato un rapporto molto libero, non privo anche di sottili polemiche (Picasso attaccò il collega per la decisione di fare la Cappella di Vence; Matisse gli rispose con la sua eleganza). Ma una cosa è chiara: Picasso ammirava in Matisse, al quale ascriveva una grazia, una semplicità, una capacità di stare sulle cose, libero da ogni pressione ideologica. Era forse l’unico, nel cui confronto avvertiva un senso (ovviamente non dichiarato) di inferiorità. «Si scambiavano poche parole, si osservavano. Si consideravano dei sovrani. Erano i più grandi geni dell’epoca. Si parla sempre di una repubblica delle arti in cui tutti sono uguali. Non è così, alcuni sono più uguali di altri», ha raccontato Françoise Gilot.

Quando Matisse morì, Picasso si sentì come chiamato ad un progetto che lo riguardasse. Scelse questo soggetto, tratto da un artista, Délacroix, che amava moltissimo proprio per la sua grande libertà e per il suo amore incondizionato per la pittura. Ci lavorò per interi mesi arrivando a produrre 15 versioni diverse, nominate dalla “A” alla “O”, sino a quest’ultima, che è appunto la “O”, che giudicò definitiva (ma esistono oltre 100 studi di questo cantiere picassiano).

In che senso questo quadro è un omaggio a Matisse? Lo è perché innanzitutto Matisse amava il sole e i colori dell’Algeria. Lo è per la comune attrazione verso il corpo femminile, visto come matrice di vita e di bellezza, come polo di positività ad oltranza. Picasso in quell’anno era stato lasciato da Françoise Gilot, da cui aveva avuto due figli ed era la prima volta che sperimentava l’esperienza di una sconfitta in amore. In questo quadro Françoise, che aveva posato anche per Matisse, aleggia come una presenza da cui non riesce a staccarsi.

Ma c’è un punto in cui l’omaggio di Picasso a Matisse prende quasi il desiderio di una osmosi: è quella parte delle decorazioni coloratissime a linee parallele, in particolare sulla destra del quadro. Qui Picasso sembra voler carpire il segreto della pittura felice di Matisse. Con la sua forza onnivora ci riesce, e per un’istante sembra immedesimarsi in lui. Anche se poi la sua ferocia innata lo tradisce, e la scomposizione dei corpi travolge tutto, immettendo la solita irrestistibile e travolgente energia sulla tela. Picasso è Picasso, anche se ha la nostalgia di non poter essere Matisse.

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