31 Dicembre 2014

Per uscire dalla crisi non basta una correzione alla finanza

Per uscire dalla crisi non basta una correzione alla finanza
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«La crisi finanziaria globale che è cominciata nel 2008 e i cui strascichi si fanno ancora sentire pesantemente è stata provocata da due fattori. Il primo è l’aumento della disuguaglianza, specialmente negli Usa, che ha costretto le persone a indebitarsi fortemente. Il secondo fattore è stata la presenza di un settore finanziario deregolamentato, che negli ultimi decenni è cresciuto a ritmi ben maggiori della produzione industriale perché la finanza, per speculare, prestava a se stessa invece che all’industria». Inizia così un articolo di Mariana Mazzucato pubblicato sulla Repubblica del 31 dicembre.

 

«L’industria stessa si è finanziarizzata, – prosegue la Mazzuccato – concentrandosi esageratamente sull’accumulo di liquidità (a livello record)» e/o spendendo per misure che puntano alla crescita del titolo azionario a breve termine (che alimentano le «retribuzioni dei top manager»), invece «di puntare su quelle tipologie di spesa che garantiscono una crescita sul lungo periodo, come gli investimenti in ricerca e sviluppo e in formazione del capitale umano». Cosa che, tra l’altro, accresce ancora di più la disuguaglianza, dal momento che a un aumento del reddito dei manager corrisponde un’erosione dei salari.

Così per uscire dalla crisi, secondo la Mazzucato, non basta correggere il settore finanziario, ma affrontare anche i problemi di un’industria malata di finanziarizzazione e porre rimedio a una diseguaglianza sempre più crescente.

 

Nota a margine. Analisi di sicuro interesse quella della Mazzucato. Piace ricordare in questa sede un particolare che spesso sfugge in tante analisi economiche dedicate alla crisi  globale (nel testo della Mazzucato c’è invero un cenno al fatto che le disuguaglienze devono trovare un argine nelle istituzioni): il New Deal americano, grazie al quale gli Usa uscirono dalla crisi del ’29 (anche se la questione resta controversa), si basò su un’idea nuova (o almeno non applicata fino a quel momento su scala così ampia), che ha visto lo Stato farsi assistenziale nei confronti dei suoi cittadini. Un’idea e insieme un programma politico, non una ricetta economica (questa era mera conseguenza). 

 

Non si vedono all’orizzonte idee simili e resta il dubbio se sia possibile che la risposta a questa situazione globale possa venire da un ambito, quello economico, che ha manifestato  in questi anni tutti i suoi limiti strutturali, che tra l’altro hanno impedito a quasi tutti gli “esperti” del settore di allarmare il mondo sui rischi prodotti dalle derive economiche degli anni pre-crisi (e oltre).