8 Aprile 2013

La prima Pontida di fischi e tensioni Maroni e Bossi chiedono unità

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«Non c’è più la fede. Non c’è la fede…», questa sconsolata constatazione di Umberto Bossi, riportata dal Corriere della Sera, sembra sia stata ripetuta più volte ai tanti leghisti che in questi giorni andavano a lamentarsi con il vecchio fondatore del movimento contro Roberto Maroni e il nuovo corso della Lega. Così, messo in un angolo, Bossi ha in qualche modo calamitato lo scontento, ma allo stesso tempo lo ha attutito. E a Pontida ha fatto il pompiere, aiutando Maroni a tenere unito un partito percorso da fermenti che rischiavano di causare una scissione. Sul pratone che i leghisti considerano sacro, anche lo show di Maroni, il quale, tirando fuori dalla tasca buste contenenti diamanti (i famosi diamanti al centro dello scandalo che hanno travolto la Lega frutto delle spericolate operazioni finanziarie dell’ex tesoriere del partito), ha detto di volerli restituire alla Lega, alle sezioni più meritevoli del partito.

Al di là dello show, comunque, a Pontida non c’è stata resa dei conti attesa o temuta: la Lega resta unita, unità sigillata con l’abbraccio finale tra Maroni e Bossi, anche se quest’ultimo, dal palco, ha detto agli scontenti che le loro ragioni erano state capite. Cosa vorrà dire, lo dirà il tempo. Al di là del raduno, resta la realtà di un partito in crisi di consensi, ma che, allo stesso tempo, governa le regioni più ricche d’Italia. Un paradosso, ma la politica italiana è usa ai paradossi.

 

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