21 Settembre 2013

La proposta di Epifani: primarie l'8 dicembre Il sindaco: meglio subito

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Assise del Pd a Roma, nella quale finalmente, dopo tante controversie, si dovrebbe decidere la data e le regole del prossimo congresso. Sembra vi sia un quasi accordo sulla data, e sarebbe quella lanciata ieri dal segretario pro tempore Guglielmo Epifani: l’8 dicembre. Matteo Renzi da tempo spinge per un appuntamento più ravvicinato, ma alla fine potrebbe accettare, anche perché l’alternativa sarebbe di fissarlo ancora più in là. La tempistica dice quindi che il progetto del sindaco di Firenze di far cadere il governo per andare a Palazzo Chigi è procrastinata al prossimo anno. Ma nel 2014 c’è una scadenza che contrasta le ambizioni del sindaco di Firenza: se il governo regge ancora un po’, a luglio del 2014 l’Italia ha il compito di presiedere l’Europa, cosa che blinderebbe il governo per altri sei mesi. Forse è per questo che Massimo D’Alema confida che al voto, nonostante tutti scaldino i muscoli, si andrà nel 2015. Una tempistica che favorirebbe Enrico Letta, se il governo riuscisse a tirare fuori l’Italia dalla palude in cui è stata cacciata dalla grande finanza, dall’eurocrazia e dalla lotta continua che agita la politica nostrana.

Ma dipenderà anche dall’esito delle primarie: un Renzi rafforzato da una vittoria nel suo partito avrà maggiori possibilità di precipitare le larghe intese nell’abisso e andare a elezioni. Da questo punto di vista, il lavorìo di Berlusconi, che ripropone la mitologia di Forza Italia e promette battaglia, non lo aiuta. Renzi vincerebbe a mani basse in caso di competizione con una destra orfana di Berlusconi, mentre si troverebbe in difficoltà se l’avversario fosse lui. Perché in una competizione tra Berlusconi e una copia di sinistra – nelle modalità di rivolgersi ai cittadini e non solo – c’è l’eventualità che l’elettorato scelga l’originale. Variabile di cui nel Pd dovranno tenere conto.

Ma al di là delle prospettive future, nell’immediato la lotta continua di Renzi e dei falchi Pdl non permette una navigazione tranquilla al governo; costretto, tra l’altro, a fare i conti con le esigenze di Bruxelles – leggi Germania -, che ne restringono la portata politica, costringendolo a svolgere funzioni da mero ragioniere: in questi giorni si è scoperto che a dicembre, stando così le cose, il deficit sarà dello 0.1% maggiore di quanto concordato in sede europea. Una percentuale minima, che però spingerà il governo a ulteriori misure restrittive che andranno ad affaticare ancora di più gli italiani frenando una possibile ripresa economica, proprio nel momento in cui sembrava potesse dare segnali di ripresa. 

C’è qualcosa che non quadra, anzi tanto, quando si chiede a un Presidente del Consiglio un diploma in ragioneria.

 

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