La strage di bambini a Gaza e il giallo della tregua saltata
Tempo di lettura: 3 minutiMohammed, Islaim, Zakariya e Ahed: sono i nomi dei quattro bambini uccisi ieri da un bombardamento effettuato sulla spiaggia della Striscia di Gaza. Figli di pescatori, i loro corpi sono stati straziati da bombe israeliane. Secondo fonti Onu, le vittime palestinesi da quando è iniziata questa guerra sono oltre 200, il 75% dei quali sono civili, tra questi altri, troppi, bambini. Dopo la strage di innocenti, Hamas e Israele hanno concordato una pausa dei lavori: tregua per cinque ore, per ricominciare la mattanza più in là.
È la prima pausa in questa guerra. La prima, di tregua, quella vera, non ad tempus, è saltata in maniera misteriosa. Tre giorni fa l’Egitto, su pressione americana, avvia contatti informali con Israele, che dà la sua disponibilità a un cessate il fuoco. Il Capo del Dipartimento di Stato Usa John Kerry, a Vienna per un vertice internazionale sul nucleare iraniano, è pronto a recarsi al Cairo per mettere in campo il peso degli Stati Uniti nel negoziato. Sembra l’inizio di un processo virtuoso. E invece accade qualcosa: si diffonde la notizia che le parti hanno accettato la tregua. Annuncio inopinato, ché Hamas spiega di aver saputo della cosa solo dai media. E dato prima dell’arrivo di Kerry al Cairo: era ovvio che il Capo del Dipartimento di Stato Usa non si sarebbe recato in Egitto per presenziare a cose già fatte, ma per avviare in modo serio le trattative. Così questo annuncio preventivo ha il risultato, forse voluto, di far saltare tutto. Nel mondo la notizia che gira sui media è che Israele ha annunciato una tregua e Hamas l’ha rifiutata, continuando a lanciare i suoi missili, che è altro da quanto accaduto. Conseguenza del giallo diplomatico è che Israele passa dalla parte dei buoni, dopo giorni in cui l’opinione pubblica internazionale aveva manifestato sempre più insofferenza verso i raid sulla Striscia, e Hamas resta nel campo dei cattivi, nel quale lo relega ab initio il lancio di razzi contro il territorio avversario. Insomma, la misteriosa defaillance diplomatica fa solo il gioco di Israele. A cadere nella trappola anche la diplomazia Usa, che il mesto ritorno di Kerry negli Usa relega all’irrilevanza.
Oggi qualche ora di tregua, quindi. Pausa obbligata dall’impressione suscitata nel mondo dai quattro bambini uccisi sulla spiaggia di Gaza. È possibile che Israele abbia imparato la lezione del passato: il mondo, ma anche l’opinione pubblica interna, non può tollerare una guerra prolungata che, stante la densità di popolazione della Striscia – una delle più alte del mondo – comporta un numero esorbitante di vittime civili. E abbia immaginato un conflitto fatto di stop and go, di operazioni mirate e altro. Ma è ancora presto per capire l’evoluzione di questo conflitto: le guerre si sa quando iniziano, non quando finiscono e gli imprevisti possono infiammare ulteriormente le cose.
Nonostante la sconfitta della diplomazia americana, qualcosa sottotraccia si muove, il viaggio disperato di Abu Mazen in Egitto è solo la punta dell’iceberg. C’è dibattito all’interno di Hamas su una possibile trattativa, ma i dirigenti più propensi a negoziare hanno perso molto del loro peso dopo che l’accordo Fatah-Hamas, di fatto un accordo anche con Israele, è stato seppellito dall’assassinio dei tre ragazzi israeliani (uccisi proprio per scatenare il conflitto). Senza contare che le fazioni jihadiste che operano nella Striscia rispondono ad altri più che alla dirigenza del movimento islamico e possono far saltare tutto perseverando nel lancio di missili nonostante iniziative contrarie. In Israele le colombe, che pure non mancano, non hanno grande potere e la loro voce è sepolta dai missili che piovono da Gaza: uno Stato sovrano ha diritto a difendersi è il refrain, che ha fondamento ma non esclude a priori vie diplomatiche. Il fatto è che queste non sembrano interessare affatto Netanyahu e i suoi, per i quali questa guerra sembra rappresentare soltanto l’occasione per liquidare Hamas una volta per tutte dopo anni di tentativi non riusciti. Tutto sospeso, tutto complicato. La Bestia ruggisce.