Libia e Siria: uno stallo pericoloso
Tempo di lettura: 3 minutiMentre slitta la nuova tornata di colloqui per la Siria, anche la questione libica si complica: il nuovo governo di unità nazionale voluto dall’Onu viene bocciato dal Parlamento di Tobruk, espressione di una delle tre entità statali, se così si può dire, nelle quali si è frazionato il Paese dopo la scellerata guerra portata dalla Nato.
Non è solo una questione della lista ministri, che Tobruk vuole diversa, ma anche, tema molto più delicato, un problema di competenze, dal momento che alcuni dei deputati vorrebbero eliminare l’articolo 8 della Costituzione, quello che affida al consiglio di presidenza la gestione delle questioni militari. Una norma contestata dal generale Khalifa Aftar, uomo forte di Tobruk, che probabilmente sta spingendo il Parlamento in questa direzione per conservare il suo peso politico.
Insomma, un momentaneo stallo sui due fronti sui quali si sta spendendo la diplomazia internazionale alla ricerca di compromessi che possano stabilizzare i due Paesi nei quali è annidato il cancro dell’Isis. È normale che il lavoro diplomatico si dipani attraverso degli stop and go, che appartengono a ogni trattativa, ma nel caso specifico si tratta di imprevisti pericolosi: offrono finestre di opportunità alle forze del caos, sia a livello politico che militare.
Tali forze sono tornate a far sentire la loro voce attraverso un video minaccioso contro l’Europa, nel quale gli attentatori di Parigi, almeno quelli identificati dagli inquirenti, lanciano i consueti strali. Nel caso specifico non si tratta di “revenants” – risorti alla Di Caprio -, ma di un video vecchio, girato prima che gli jihadisti entrassero in azione nella capitale transalpina, così almeno la spiegazione ufficiale.
Video vecchio fa buon brodo, certo, ma cosa strana, mancano nel filmato alcuni degli attentatori, le cosiddette menti, ma anche quel Salah che, sfuggito alla caccia all’uomo, dalla latitanza ha chiesto un avvocato (particolare che stride con le dinamiche jihadiste… che non c’entri nulla?).
Un filmato nel quale Snowden ha rilevato la presenza di un messaggio criptato «con il sistema Pgb», come riporta Fabrizio Caccia sul Corriere della Sera di oggi, che lo identificherebbe come «falso».
Sui video in stile holliwoodiano dell’Isis abbiamo scritto altre volte, ma val la pena riportare un commento tratto da un sito belga (La Libre,be).
È paradossale che «questi islamisti, che rivendicano un ritorno all’islam delle origini, s’ispirino largamente alle serie delle Tv americane e ai videogiochi. “La sequenza utilizza i principi della reality Tv di serie come “Cops” e riflette la cultura dei videoclip”, spiega Alain Lorfèvre, giornalista di la Libre Belgique e specialista di cinema. “Le immagini sono montate molto rapidamente. Creano una sorta di frenesia. S’ispirano anche ai videogiochi sovrapponendo [i loro] bersagli a esponenti politici. Utilizzano codici della televisione del mondo occidentale… che invece criticano”».
Insomma, il video, come gli altri dell’Isis, manifesta tutto il paradosso di un movimento radicale di marca occidentale.
Detto questo le autorità del mondo occidentale lo hanno preso molto sul serio, tanto che la Francia ha prolungato lo stato d’emergenza e l’Europol ha affermato che l’Isis «sta programmando attacchi su larga scala in Europa».
In difficoltà in Iraq e soprattutto in Siria, dove sta perdendo posizioni sotto l’avanzata dell’esercito siriano e dei suoi alleati (russi in primis), l’Agenzia del terrore deve far vedere i muscoli, tentare qualcosa, pena la sua insignificanza. Da qui il rilancio della sfida sanguinaria (se, al momento, non riesce a far attentati, pubblicizzare video terrorizzanti è una valida alternativa).
Certo, prevenire gli attentati per l’Occidente è fondamentale, ma è importante anche portare a termine il lavoro diplomatico teso a stabilizzare Libia e Siria: la novità del Terrore made in Isis è che, rispetto ad al Qaeda e ad altre formazioni terroristiche del passato, ha creato un circuito finanziario pubblico, per quanto occulto, molto imponente (dal contrabbando del petrolio, alla vendita di opere d’arte rubate e altro) proprio grazie alle conquiste territoriali.
Senza queste entrate, gli occulti (che tanto occulti poi non sono) finanziatori dell’Isis dovrebbero trovare fonti di finanziamento alternative per alimentarne la macchina. Ma, per quanto questi possano attingere ai misterici meccanismi, e ai soldi, della finanza virtuale, non dispongono di risorse infinite. Basti pensare che l’Arabia Saudita, dalla quale sono stati inviati miliardi di dollari ai movimenti jihadisti, si trova nelle more di ristrettezze economiche impensabili solo fino a qualche mese fa.
Urge sbloccare al più presto i processi di stabilizzazione in corso prima che le forze del caos inseriscano nel complicato rebus della lotta al terrorismo altre variabili impazzite. Lo stallo attuale è molto pericoloso.