10 Marzo 2014

L'Uganda, i gay e la follia religiosa di Joseph Kony

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L’Uganda è stata per decenni teatro di uno dei tanti conflitti dimenticati: l’esercito dell’Lra, esercito di liberazione del Signore, guidato dal sanguinario Joseph Kony, vi ha imperversato per anni mettendo a ferro e fuoco il Nord del Paese inseguendo il sogno di creare una teocrazia basata sui dieci comandamenti e sulle sue follie religiose (non sono gli islamici ad avere il monopolio del fondamentalismo religioso…). Decine di migliaia di morti, circa 300 mila bambini rapiti per farne piccoli soldati o schiave sessuali, intere popolazioni in preda al terrore, costrette a lasciare case e ogni sicurezza di vita. Una follia omicida che è stata esportata anche nella Repubblica democratica del Congo e che si è placata solo da poco tempo. Eppure sui giornali italiani non usciva nemmeno una riga, se non di tanto in tanto, a cadenze annuali, qualche articoletto ad accennare che in quel lontano Paese si stava consumando l’ennesimo genocidio africano. A parlarne erano solo i missionari e qualche organizzazione pacifista, nell’indifferenza generale dei media.

Del conflitto in Uganda ho scritto in passato – alcuni articoli per 30giorni – vi ritorno perché l’Uganda di recente è entrata di forza al centro dell’attenzione internazionale. È accaduto che il governo ha emanato delle leggi restrittive contro la comunità gay, cosa che ha dato la stura a riflessioni e approfondimenti sull’argomento. Il 10 marzo Michele Farina pubblica un reportage sul Corriere della Sera: un viaggio attraverso la comunità gay ugandese colpita dall’oscurantismo di Kampala. Non si tratta di polemizzare con la comunità gay e sui loro diritti, solo colpisce questa discrasia informativa: allora quelle stragi, anche bambine, non facevano notizia (come non fanno molta notizia le stragi che si consumano nella Repubblica Centrafricana), oggi fanno notizia le discriminazioni contro i gay. Sarebbe facile chiosare che evidentemente le lobby gay sono forti anche fuori dal Vaticano (utilizzando un topos tanto spesso usato dagli stessi giornali), ma sarebbe una battuta di dubbio gusto; ci limitiamo a notare come i diritti dei bambini e degli innocenti evidentemente per certi media hanno una valenza minore di quella degli omosessuali. Credo che i primi a essere offesi da questa disparità di trattamento mediatico siano gli stessi gay e i tanti promotori dei loro diritti, i quali in genere usano accomunare le battaglie per i loro diritti a quelle in favore dei più deboli. Di certo è una deriva che non piace.

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