11 Marzo 2013

Sei cardinali lombardi la pattuglia più numerosa

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Tra i tanti articoli sul Conclave, questo firmato da Marco Garzonio tematizza la varietà dei porporati che vengono dalla terra lombarda: oltre al futuro papa Angelo Scola, almeno stando ai giornali; il suo predecessore, il cardinale ambrosiano Dionigi Tettamanzi, al quale Benedetto XVI rivolse pubblicamente parole di particolare affetto e gratitudine in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie, tenutosi a Milano nel giugno 2012; Francesco Coccopalmerio, cresciuto alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini; il cardinale Attilio Nicora, a lungo rettore del seminario di Venegono prima di approdare in Curia; il cardinale Gianfranco Ravasi, che si è proposto di proseguire l’opera di Martini nel dialogo con i non credenti e il cardinale Giovanni Battista Re, che sarà il decano del Collegio cardinalizio all’interno del Conclave, dal momento che Sodano, ultraottantenne, non potrà entrarvi. 

L’interesse per questo gruppo di porporati nasce anche dalla loro diversità di accenti e spiritualità, indice che anche gruppi apparentemente omogenei, e qui l’omogeneità è data dalla provenienza geografica, in Conclave non si muovono come falangi armate. Come spiega in un altro articolo del Corriere della Sera di oggi Marco Roncalli: «I cardinali elettori votano innanzitutto l’autorevolezza di un uomo: costruita sulle sue virtù, le sue doti, la sua forza spirituale e umana. Quando c’è, non ha bisogno di rivendicazioni e interferenze. Come nel 2005, anche questa volta, serviranno almeno 77 voti per trovarla. E avremo – come diceva il cardinale Laurenti nel Conclave del 1922 – “il papa che Dio vuole o almeno concede”» (Marco Roncalli: Conclave, il ruolo effimero degli ordini)

Insomma, certe considerazioni generaliste rischiano di essere fuorvianti: è necessario un papa giovane (la gioventù non è data solo dall’età: ci sono anziani che si mantengono lucidi più di molti giovani); è impossibile un papa africano (si diceva la stessa cosa di un Presidente degli Stati Uniti); lo scontro è tra chi vuole la riforma della Curia e chi è arroccato al vecchio potere (dopo quanto successo in questi anni, il prossimo papa, chiunque esso sia, dovrà per forza riformare qualcosa, pena la perdita di credibilità agli occhi del mondo).

 

 

Concludo questo lungo articolo (non me ne vogliano i lettori) con una lettera che il vescovo sant’Alfonso Maria de’ Liguori (celebre la sua frase “Chi prega si salva”, ricordata, tra l’altro, in un profilo del santo tratteggiato in maniera stupenda da Benedetto XVI) inviò al suo amico cardinale Castelli. Era da poco morto Clemente XIV e il porporato aveva chiesto lumi al santo vescovo in vista del futuro Conclave.

 

«Amico mio e Signore, circa il sentimento che si desidera da me intorno agli affari presenti della Chiesa e circa l’elezione del Papa che sentimento voglio dar io miserabile ignorante, e di tanto poco spirito qual sono?
Dico solo che vi bisognano orazioni e grandi orazioni, mentre, per sollevare la Chiesa dallo stato di rilassamento e confusione in cui si trovano universalmente tutti i ceti, non può darvi rimedio tutta la scienza e prudenza umana, ma vi bisogna il braccio onnipotente di Dio.

Tra’ vescovi, pochi sono quelli che hanno vero zelo delle anime. Le comunità religiose quasi tutte, e senza quasi, sono rilassate; poiché nelle religioni, nella presente confusione delle cose, L’osservanza è mancata e l’ubbidienza è perduta.
Nel clero secolare vi è di peggio: onde vi è necessità precisa di una riforma generale per tutti gli ecclesiastici, per indi dar riparo alla grande corruzione de’ costumi, che vi è ne’ secolari.

E perciò bisogna pregar Gesù Cristo che ci dia un Capo della Chiesa, il quale, più che di dottrina e di prudenza umana, sia dotato di spirito e di zelo per l’onore di Dio, e sia totalmente distaccato da ogni partito e rispetto umano; perché se mai, per nostra disgrazia, succede un Papa che non ha solamente la gloria di Dio avanti gli occhi, il Signore poco l’assisterà, e le cose, come stanno nelle presenti circostanze, andranno di male in peggio. Sicché le orazioni possono dar rimedio a tanto male, con ottenere da Dio che egli vi metta la sua mano e dia riparo…

Aggiungo: Amico, anch’io desidererei, come V. S. Ill.ma, vedere riformati tanti sconcerti presenti; e sappia che su questa materia mi girano mille pensieri nella mente, che bramerei di farli noti a tutti; ma rimirando poi la mia meschinità, non ho animo di farli comparire in pubblico, per non parere ch’io volessi riformare il mondo. Le partecipo non però con confidenza, per mio sfogo, i miei desideri.
Bramerei primieramente che il Papa venturo (giacché ora mancano molti Cardinali che si han da provvedere) scegliesse, fra quelli che gli verranno proposti, i più dotti e zelanti del bene della Chiesa, ed intimasse preventivamente a’ Principi, nella prima lettera in cui darà loro parte della sua esaltazione, che, quando gli domanderanno il Cardinalato per qualche loro favorito, non gli proponessero se non soggetti di provata pietà e dottrina; perché altrimenti non potrà ammetterli in buona coscienza.

Bramerei inoltre che usasse fortezza in negare più benefizi a coloro che stanno già provveduti de’ beni della Chiesa, per quanto basta al loro mantenimento secondo quel che conviene al loro stato. Ed in ciò si usasse tutta la fortezza avverso gl’impegni che s’affacciano.

Bramerei, di più, che s’impedisse il lusso nei prelati, e perciò si determinasse per tutti (altrimenti a niente si rimedierà) si determinasse, dico, il numero della gente di servizio, giusta ciò che compete a ciascun ceto de’ prelati: tanti camerieri e non più; tanti servitori e non più; tanti cavalli e non più; per non dare più a parlare agli eretici. Di più, che si usasse maggior diligenza nel conferire i benefizi solamente a coloro che han servito la Chiesa, non già alle persone particolari.

Di più, che si usasse tutta la diligenza nell’eleggere i vescovi (da’ quali principalmente dipende il culto divino e la salute dell’anime) con prendersi da più parti le informazioni della loro buona vita e dottrina necessaria a governare le diocesi; e che, anche per quelli che siedono nelle loro chiese, si esigesse da’ metropolitani e da altri, segretamente, la notizia di quei vescovi, che poco attendono al bene delle lor pecorelle.

Bramerei ancora che si facesse intendere da per tutto che i vescovi trascurati, e che difettano o nella residenza o nel lusso della gente che tengono al loro servizio, o nelle soverchie spese di arredi, conviti e simili, saranno puniti colla sospensione o con mandar vicari apostolici a riparare i loro difetti; con darne l’esempio da quando in quando, secondo bisogna.

Ogni esempio di questa sorta farebbe stare attenti a moderarsi tutti gli altri prelati trascurati. Bramerei ancora che il Papa futuro fosse molto riserbato nel concedere certe grazie che guastano la buona disciplina; come sarebbe il concedere alle monache l’uscir dalla clausura per mera curiosità di vedere le cose del secolo, il concedere facilmente a’ religiosi la licenza di secolarizzarsi, per mille inconvenienti che ne vengono.

Sovra tutto desidererei che il Papa riducesse universalmente tutti i religiosi all’osservanza del loro primo Istituto, almeno nelle cose più principali. Or via, non voglio più tediarla. Altro non possiamo fare che pregare il Signore, che ci dia un Pastore pieno del suo spirito, il quale sappia stabilir queste cose da me così accennate in breve, secondo meglio converrà alla gloria di Gesù Cristo».

 

 

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