30 Maggio 2013

Sulla legge elettorale spaccatura nel Pd Letta: riforme o a casa

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Il primo ministro Enrico Letta ha parlato di riforme alla Camera e al Senato, tratteggiando l’iter delle riforme costituzionali: entro un mese il governo provvederà a emanare un ddl che stabilirà tempi e modi delle riforme costituzionali, alle quali saranno applicati quaranta parlamentari, scelti secondo criteri di competenza, che dovranno poi riferire al Parlamento, che a sua volta sarà chiamato ad approvare. Le modifiche alla Carta saranno poi sottoposte a un referendum popolare. Ma Letta ha dato un termine massimo per la conclusione dei lavori: 18 mesi e non più. Il cammino delle riforme quindi è tracciato e dovrà affrontare diversi nodi, anzitutto quello di dare al governo più poteri decisionali, in un mondo in cui la velocità di decisione è diventata necessaria.

Altro il discorso sulla legge elettorale, che tutti, almeno a parole, ritengono inadeguata a far emergere maggioranze nette, causando una instabilità permanente nei governi. Non fa parte delle riforme, ma se non si cambia l’attuale meccanismo elettivo l’intero processo riformatore rischia di sbattere contro il muro dell’impopolarità.

Nello stesso giorno, alcuni esponenti del Pd, in particolare i renziani, hanno presentato una mozione per tornare subito al Mattarellum, legge precedente all’attuale non priva di pecche: un’iniziativa esplosiva dal momento che inseriva una variabile impazzita nel processo riformatore appena iniziato. Così la mozione è stata respinta, anche perché molti dei firmatari, richiamati all’ordine dal partito, hanno fatto marcia indietro.

La mozione però è stato un segnale forte e chiaro: il sindaco di Firenze ha scoperto le sue carte. In precedenza aveva dichiarato che il governo avrebbe dovuto fare una nuova legge elettorale, alcune riforme e andare al voto. Una posizione diversa da quella ufficiale del Pd esposta ieri da Letta, che invece è di lungo respiro. D’altronde è chiaro che se il processo posto in essere ieri va in porto, il governo durerà, rafforzando Letta in seno al Pd ai danni di Renzi, che spera invece in un rapido ricorso alle urne per poter finalmente mettersi alla guida del partito di cui si sente leader in pectore. Insomma ieri si è palesato l’ennesimo conflitto interno nel centrosinistra che rischia di minare la tenuta del governo. Per ora Renzi non può spingere più di tanto perché non può prendersi la responsabilità, di fronte a un Paese in crisi che abbisogna di stabilità, di far cadere il governo. Ma più in là tutto è possibile.

Intanto una buona notizia dall’Europa: la Commissione europea ha dichiarato che la procedura di infrazione imposta all’Italia nel 2009 si è risolta: la situazione finanziaria del Belpaese si è stabilizzata grazie alle misure intraprese dai precedenti governi. Una buona notizia, anche perché la Commissione ha anche aggiunto che la sospensione dell’Imu e l’estensione della cassa integrazione ai lavoratori non coperti per il 2013 non comporta rischi ulteriori. Una boccata d’ossigeno per i cittadini, anche se alcuni sacerdoti dell’ortodossia monetaria europea si sono affrettati a spiegare che l’Italia resta sotto vigilanza speciale.

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