24 Febbraio 2014

La santità cristiana non è opera nostra, ma frutto della docilità allo Spirito Santo

La santità cristiana non è opera nostra, ma frutto della docilità allo Spirito Santo
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«Imitare la santità e la perfezione di Dio può sembrare una meta irraggiungibile. Tuttavia, la prima Lettura e il Vangelo suggeriscono gli esempi concreti affinché il comportamento di Dio diventi regola del nostro agire. Ma ricordiamoci tutti noi, ricordiamoci che senza lo Spirito Santo sarebbe vano il nostro sforzo! La santità cristiana non è prima di tutto opera nostra, ma è frutto della docilità – voluta e coltivata – allo Spirito del Dio tre volte Santo». Così il Papa nella messa celebrata con i cardinali creati nel concistoro del 22 febbraio.

Quindi, accennando all’amore e al perdono verso il prossimo ha detto: «Questi atteggiamenti nascono dalla santità di Dio. Noi invece solitamente siamo così diversi, così egoisti e orgogliosi… eppure la bontà e la bellezza di Dio ci attraggono, e lo Spirito  Santo ci può purificare, ci può trasformare, ci può plasmare giorno per giorno».

E ha spiegato: «A chi vuole seguirlo, Gesù chiede di amare chi non lo merita, senza contraccambio, per colmare i vuoti d’amore che ci sono nei cuori, nelle relazioni umane, nelle famiglie, nelle comunità e nel mondo. Fratelli Cardinali, Gesù non è venuto a insegnarci le buone maniere, maniere da salotto! Per questo non c’era bisogno che scendesse dal Cielo e morisse sulla croce. Cristo è venuto a salvarci, a mostrarci la via, l’unica via d’uscita dalle sabbie mobili del peccato, e questa via di santità è la misericordia, quella che Lui ha fatto e ogni giorno fa con noi. Essere santi non è un lusso, è necessario per la salvezza del mondo. E’ questo che il Signore chiede a noi […] amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite. Lasciamoci sempre guidare dallo Spirito di Cristo, che ha sacrificato sé stesso sulla croce, perché possiamo essere “canali” in cui scorre la sua carità […] Evitiamo tutti e aiutiamoci a vicenda ad evitare abitudini e comportamenti di corte: intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio sia quello del Vangelo: “sì, sì; no, no”; i nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini, e la nostra via quella della santità. Preghiamo nuovamente: “Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito”.

E ha concluso: «Lo Spirito Santo ci parla oggi anche attraverso le parole di san Paolo: “Siete tempio di Dio… santo è il tempio di Dio, che siete voi”. In questo tempio, che siamo noi, si celebra una liturgia esistenziale: quella della bontà, del perdono, del servizio, in una parola, la liturgia dell’amore. Questo nostro tempio viene come profanato se trascuriamo i doveri verso il prossimo. Quando nel nostro cuore trova posto il più piccolo dei nostri fratelli, è Dio stesso che vi trova posto. Quando quel fratello viene lasciato fuori, è Dio stesso che non viene accolto. Un cuore vuoto di amore è come una chiesa sconsacrata, sottratta al servizio divino e destinata ad altro».

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