L'ultima ruota del carro
Tempo di lettura: 2 minutiL’ultimo film di Giovanni Veronesi racconta una storia reale, anzi una vita reale. La vita dell’autista di Carlo Verdone, interpretato da Elio Germano, romano, che da piccolo ha imparato di essere (meglio, ad essere) l’ultima ruota del carro. Uno qualunque, che vive una vita povera, fatta di cose banali e insieme non banali, che sono la famiglia, gli amici, la squadra per cui tifa, la Roma. Un’esistenza normale, da ultima ruota del carro, che poi è il titolo del film. Che si dipana nella semplicità di tutti i giorni, fatta di lavoro e fatica. Una vita dove c’è anche la malattia, come in ogni vita normale; dolore che stringe, finché non accade qualcosa: al mare tra i cari o nelle pieghe degli imprevisti che riserva il destino.
Sullo sfondo i grandi avvenimenti della storia italiana: la morte di Moro, rappresentata con pietà e intelligenza; ma anche tangentopoli, nella quale il protagonista incappa nonostante lui; come anche l’esordio di Silvio Berlusconi in politica, raccontato con un’ironia leggera e popolare che è altro dal furore antagonista; la vittoria dell’Italia ai mondiali dell’82, dove a vincere è Bruno (Conti), come gridano in casa i protagonisti.
Le cose d’Italia, insomma. Che sono poi secondarie, perché la vita è altra, fatta di traslochi e di facce che il tempo rende care: il grande pittore, la famiglia, l’amico del cuore, che dà gioia e dolori ma resta l’amico. E non c’è giudizio su nulla: tutto scorre, appartiene a una vita che vale, per quella condizione di povertà che è anzitutto del cuore.
Ironico e leggero, e insieme poetico, soprattutto il finale, di una poeticità prosaica come è prosaica la vita minuta. E felice, di quella felicità che ci trova nonostante noi. Noi che la cerchiamo, come il protagonista, nella spazzatura di questo mondo, e che invece abita i giorni. Noi, ultime ruote del carro, che viviamo tutti i giorni scanditi di cose minute e che non ci accorgiamo del grande tesoro che scorre davanti, fatto di facce, di cuori e di ore.
Abbiamo solo adombrato la trama del film. Non solo per non rovinarne la visione, ma perché le cose belle si possono raccontare, certo, ma più spesso si indicano, invitando altri a guardarle.