24 Maggio 2023

Assad e Zelensky al vertice della Lega araba

Assad con Bin Salman. Assad e Zelensky al vertice della Lega araba
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Doveva essere il summit di Assad, si è trasformato nel summit di Zelensky. Infatti, intervenendo al vertice della Lega araba, il presidente ucraino ha tolto la scena ad Assad, cancellando dalla narrazione mediatica la disfatta subita dall’Occidente nel sanguinoso tentativo di rovesciare il governo siriano, un tentativo durato undici lunghi e tormentati anni.

La vittoria di Assad e la nuovo stagione di bin Salman

Non solo il presidente siriano è sopravvissuto al regime-change, conservando a Damasco il controllo di gran parte della Siria, ma è addirittura tornato nelle grazie del mondo arabo sunnita, che del tentato regime-change era stato feroce assertore, reclutando per conto delle agenzie anglo-americane le bande di tagliagole da sguinzagliare in Siria (definiti ribelli moderati) e investendo miliardi di dollari per finanziarlo.

Il principe saudita Mohamed bin Salman, l’uomo forte di Riad, che era stato il principale coordinatore di tale sforzo, nell’ultimo anno ha cambiato casacca, divenendo il protagonista assoluto di una nuova stagione geopolitica, che vede il Medioriente aprirsi a una – prima impossibile – distensione regionale, che ha avuto come corollario il ritorno di Assad nella Lega araba.

Una giravolta che ha irritato non poco Washington, che ha cercato in tutti i modi di convincerlo a rinunciare all’impresa, senza riuscirci. L’invito di Zelensky alla Lega araba presumibilmente deriva da tali pressioni, un contentino concesso all’ex alleato d’oltreoceano, dal momento che il presidente ucraino nulla aveva a che fare con l’assise in questione.

Una vetrina per Zelenky

In tal modo, Zelensky ha goduto dell’ennesima vetrina internazionale, del tutto vuota di contenuti, e, in più, ha oscurato il ritorno di Assad nella Lega araba, attutendo la sconfitta epocale dei neoconservatori.

Sconfitta epocale perché contro il muro di Damasco si è infranto il mito delle guerre infinite: la resilienza del presidente siriano, infatti, resa possibile dall’aiuto prima di Hezbollah e poi russo, è stata la prima battuta d’arresto dell’attivismo bellico neoconservatore, che in precedenza aveva abbattuto tutti gli ostacoli sul sul cammino.

Non per nulla, ai tempi, quando le milizie islamiste arrivarono a minacciare Damasco, scrivemmo che la battaglia di Damasco riecheggiava quella di Stalingrado.

Vinta quella, per l’ondata di marea delle guerre infinite è iniziata la risacca, come denotano gli scacchi successivi: il fallimento di diversi regime-change in giro per il mondo (Thailandia, Cuba etc) e il ritiro Usa dall’Afghanistan.

Certo, non per questo i neocon si sono rassegnati e, fedeli al loro Credo, hanno continuato a lanciare le loro diuturne sfide al mondo, come denota la guerra ucraina (che, in realtà, è la seconda guerra ucraina, con la prima finita con una secca sconfitta, quando, all’indomani del colpo di stato di Maidan, i neocon spinsero Kiev verso una disastrosa avventura militare contro il Donbass ribelle).

Il niet a Netanyahu

Ma questa è un’altra storia, ancora tutta da scrivere. Quel che va registrato ora è, appunto, la vittoria di Assad, tornato da vincitore nell’ecumene dei Paesi arabi dalla quale era stato espulso.

L’altra cosa che va annotata è che, cogliendo l’occasione della presenza del presidente ucraino al vertice di Riad, bin Salman ha dato un ulteriore strappo ai legami con Washington, annunciando di essere pronto a mediare nella guerra ucraina.

Non solo, a quanto pare il principe saudita non è molto entusiasta di sposare l’altra causa neocon, l’adesione dell’Arabia Saudita agli Accordi di Abramo, che comporterebbe un’apertura formale delle relazioni diplomatiche con Israele.

Un passo verso il quale sta ricevendo forti pressioni anche da Netanyahu, al quale, nel corso di due telefonate intercorse nelle ultime settimane, non solo ha espresso la sua contrarietà all’adesione, ma gli ha anche negato un incontro a tu per tu.

Il viaggio a Riad di Kolokoltsev

Evidentemente il principe saudita deve aver compreso che tutti questi strappi potrebbero portargli sfortuna. E forse queste preoccupazioni devono averlo spinto a chiedere alla Russia un aiuto per contrastare eventuali problematiche interne.

Queste preoccupazioni sembrano poter spiegare l’inusuale viaggio del ministro degli Interni russo Vladimir Kolokoltsev in Arabia saudita, perché è alquanto inusuale che un ministro degli Interni intraprenda una visita in un Paese straniero, prerogativa propria dei ministri degli Esteri.

Mohamed bin Salman si è reso protagonista di una vera e propria rivoluzione geopolitica che sta incidendo non poco sugli equilibri del mondo. E, come avviene per tutte le rivoluzioni, è chiamato ad affrontarne le conseguenze.