5 Agosto 2020

Beirut, Hiroshima

Beirut, Hiroshima
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Fungo atomico su Beirut. Questa l’immagine che ha fatto il giro del mondo. “Come Hiroshima e Nagasaki“, ha dichiarato il governatore della città, e domani ricorrono i 75 anni da Hiroshima.

Non un’atomica, le due esplosioni che hanno incenerito un magazzino del porto e devastato il quartiere adiacente sono state prodotte da altro.

La prima, di cui non è ancora chiara la causa, ha provocato un incendio che ha innescato a sua volta la seconda, terribile, causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio stipate nel magazzino (così le fonti ufficiali).

Israele si è affrettato a negare ogni coinvolgimento, dato che, come ricorda Zvi Bar’el su Haaretz, tanti hanno fatto un parallelo con quel che accade in Iran, teatro di misteriosi incendi ed esplosioni attribuite alle forze americane e israeliane (sul punto vedi anche National Interest “La guerra non dichiarata all’Iran).

Da qui l’ipotesi che analogo mistero si fosse abbattuto sul Libano, il cui governo è considerato troppo legato a Teheran.

Le tensioni Hezbollah-Israele

A rafforzare tale ipotesi, scrive Bar’el, il braccio di ferro in corso tra la milizia sciita di Hezbollah e Israele al confine libanese, iniziato dopo un raid israeliano in Siria, che ha ucciso un uomo di Hezbollah, infrangendo il tacito accordo tra i duellanti e aprendo le porte alla ritorsione.

Ritorsione che tarda a venire, nonostante Israele abbia annunciato di aver sventato due tentativi in tal senso, al confine libanese e in Siria. Un ritardo che ha innervosito gli israeliani, come denota l’intervento del ministro degli Esteri Benny Gantz di alcuni giorni fa: “Ogni atto contro Israele avrà una risposta potente, acuta e dolorosa”. Non le usuali minacce incrociate tra i contendenti, quasi un allarme.

Hezbollah ha un’arma segreta a sua disposizione, il fatto che sul LIbano Israele non può usare le sue atomiche, dato che sarebbe investito dalle radiazioni. Da qui un confronto militare più simile a un gioco di scacchi che a un risiko (anche se esistono alternative potenti all’atomica).

Un nervosismo che in questi giorni era stato rivenduto dai media vicini a Hezbollah come una vittoria psicologica sull’antagonista, come probabilmente avrebbe dichiarato il loro leader Hassan Nasrallah nell’intervento previsto oggi.

Un intervento nel quale avrebbe parlato sicuramente anche dell’assassinio di Rafiq Hariri, del quale il 7 agosto è atteso il verdetto del Tribunale speciale delle Nazioni Unite, che prima ha accusato la Siria, con testimonianze false, poi si è orientato su Hezbollah…

Se accenniamo a tali circostanze è per rilevare che l’esplosione di ieri chiude l’ennesima crisi: Hezbollah sta usando tutte le sue risorse per aiutare i cittadini colpiti, non ha tempo per altro, e il verdetto su Hariri, destinato a infiammare Beirut, potrebbe essere rimandato.

La bomba su Hezbollah

Per Bar’el, però, la tragedia di ieri è destinata a pesare su Hezbollah, come da titolo del suo articolo alquanto cinico – in Medio oriente usa così – e rivelatore: “Le onde d’urto dell’esplosione di Beirut saranno sentite a lungo da Hezbollah“.

Tre i motivi. Anzitutto per la querelle sui suoi magazzini di armi, da tempo al centro di controversie. I suoi antagonisti accusano il movimento di stiparle nei pressi dei centri abitati. Da qui la richiesta al governo libanese di disarmare il movimento. Per Bar’el, dopo quanto accaduto, la pressione in tal senso è destinata ad aumentare.

Inoltre, secondo Bar’el, l’esplosione “invia anche un messaggio di avvertimento all’Iran, che circa un mese fa ha dichiarato che avrebbe dispiegato navi e petroliere in Libano”. Target di possibili raid israeliani, tali navi metterebbero a rischio la vita dei cittadini libanesi che vivono nei pressi del porto, e non solo.

Infine, il cronista israeliano rileva che l’esplosione ha distrutto una delle più importanti fonti di ricchezza del Paese, cioè il porto. “La sua chiusura, in un momento in cui il Libano [in crisi economica,  ndr.] ha bisogno di ogni dollaro, alimenterà lo scontro politico che sta minacciando la stabilità del Paese”.

Da mesi, infatti, il Libano è sede di manifestazioni anti-governative, che Hezbollah, e non solo, denuncia come un’operazione di regime-change guidata dall’esterno in stile primavere arabe.

Scenari ipotetici, da verificare. Oggi l’immane dolore ha unito. Anche a livello internazionale: sono giunti aiuti da Francia, Russia, Giordania e Kuwait (Orient le Jour).

Beirut: non aprire il vaso di pandora

È stato stabilito che l’esplosione è stato un incidente, anche se nel suo comunicato Hezbollah identifica le vittime come “martiri“. Un incidente simile ad altri causati dal nitrato di ammonio, ricorda una nota di al Manar, tra cui quello avvenuto a Tolosa il 21 settembre del 2001 (29 morti e 1.170 feriti).

Esplosione che, anche in quel caso, all’inizio fece ipotizzare un attentato, data la prossimità dell’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, con ipotesi poi fugata.

Già, anche il Libano ha il suo 11 settembre (Daily Mail), ma aver stabilito una causa accidentale evita una guerra Hezbollah-Israele, che dilaterebbe al parossismo l’ecatombe.

Controcorrente Trump, il quale ha detto che secondo i suoi generali sarebbe un attentato. Ma è voce isolata e contraddetta anche dalla Sicurezza Usa. Nessuno vuole nemmeno ipotizzare di aprire il vaso di pandora.

 

Ps. In serata, ad articolò chiuso, la notizia che il verdetto sull’omicidio Hariri è rimandato. Il lutto di tre giorni proclamato in Libano è stato rispettato.

 

 

 

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