La Brexit e l'impeachement di Trump: è Black Friday
Tempo di lettura: 4 minutiVenerdì si annuncia come una sorta di Black Friday geopolitico. Inizierà ufficialmente la Brexit e si voterà se ammettere o meno testimoni nel procedimento di impeachement contro Trump, passaggio fondamentale della procedura.
Due vicende parallele, ma strettamente intrecciate. E che non a caso hanno nello stesso giorno una scadenza cruciale.
La Brexit e il Senato Usa
Dopo tanta lotta, interna ed esterna, venerdì la Gran Bretagna si sgancia dall’Unione Europea per iniziare la sua navigazione in solitaria nel mare geopolitico globale.
Un ritiro che è quindi un rilancio sulla scacchiera mondiale, che dovrebbe basarsi sul ripristino delle vecchie relazioni proprie dell’anglosfera (da questo punto di vista, gli incendi che recentemente hanno incenerito l’Australia, ex colonia prediletta della Corona, suonano nefasto presagio).
Ma venerdì è anche una data cruciale per l’America. Il Senato è chiamato a votare sulla possibilità di ascoltare altri testimoni nel procedimento di impeachement.
È un punto nodale della controversia. Se saranno esclusi nuovi testimoni, il procedimento si baserà esclusivamente sulla documentazione vagliata dalla Camera.
Se così sarà, con una maggioranza schiacciante da parte dei repubblicani, la possibilità che il Senato voti a favore dell’impeachement sono quasi nulle (dovrebbero tradire Trump una ventina di repubblicani).
Così si può dire che venerdì Trump si gioca tanto, se non tutto. Se vince la sua linea, cioè nessun testimone, reputa di essere in salvo (anche se tanto resta imprevedibile).
L’impeachement e il Black Friday
Per inserire nuovi testimoni, i democratici devono trovare la maggioranza al Senato. Hanno 47 eletti, quindi per ottenerla servono almeno 4 voti dei repubblicani.
Fino a qualche giorno fa erano sicuri della vittoria, dato che alcuni repubblicani si era espressi pubblicamente in favore della loro richiesta. Ma, come spiegano The Hill e il New York Times, nel campo repubblicano si sta diffondendo un cauto ottimismo.
I senatori repubblicani recalcitranti avrebbero preso posizioni più defilate e sembra più in linea con quelle del partito.
Così venerdì si potrebbe registrare la Brexit e, contemporaneamente, la chiusura della querelle impeachement. Vittorie parallele per Boris Johnson e Donald Trump.
Potrebbe così diventare un “venerdì nero”, nella sua accezione negativa, per i tanti oppositori dei due leader politici, identificati come simbolo e apripista del ritorno alla sovranità nazionale e della fine della globalizzazione “sacra e selvaggia”.
Per i fautori del ritorno degli Stati nazionali potrebbe invece rivelarsi una sorta di “Black Friday”, da leggersi nell’accezione ormai più diffusa, quella commerciale, cioè un’occasione per acquisire dei vantaggi che potrebbero risultare decisivi.
Il Black Friday e il Deal of the Century
Tutto ciò avviene, sembra non a caso, nella settimana in cui Trump ha varato il cosiddetto Accordo del Secolo sul Medio oriente, un vero e proprio regalo per il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Piccolenote).
Non è azzardato sostenere che Trump si aspetti che Netanyahu in cambio del regalo sostenga i suoi tentativi di eludere la gabbia dell’impeachement, querelle nella quale risultano decisivi i neocon (che stanno utilizzando l’avversione dei democratici verso il presidente per piegare Trump).
Simbolo della lotta neocon-Trump è il duello ingaggiato dall’alfiere di tale ambito, John Bolton, con la Casa Bianca (sul quale torneremo). L’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale sta facendo di tutto per inguaiare Trump, con il presidente costretto sulla difensiva.
I rapporti di Netanyahu con i neocon americani sono noti. Da qui la possibilità che il premier israeliano, avendo ottenuto l’agognato Accordo del Secolo, possa mettere una buona parola in tale ambito in favore di Trump. Potrebbe forse non risultare decisivo, ma certo avrebbe qualche influenza.
Johnson con Trump
Di interesse notare che l’Accordo del Secolo finora ha ottenuto un solo sostegno incondizionato in Europa, quello della Gran Bretagna, per bocca di Johnson e del suo ministro degli Esteri Dominic Raab. Londra ha dunque deciso di essere della partita a fianco di Trump.
Evidentemente sta accarezzando l’idea di tornare a rivestire un ruolo di playmaker in Medio oriente, rinverdendo le glorie della Dichiarazione di Balfour, quando dalla Gran Bretagna si posero le basi della futura patria del popolo ebraico in Palestina.
Ma a tale sostegno è certo anche sottesa l’idea di ridisegnare il rapporto con Washington (in parallelo-opposizione con quello con la Ue), che del rilancio dell’anglosfera è parte fondamentale. Da cui anche l’importanza che riveste per Johnson la vittoria di Trump.
Così nel cruciale venerdì i due potrebbero entrambi portare a casa un risultato decisivo. Questo almeno spera Trump, che invece potrebbe ritrovarsi più impelagato di prima nell’impeachement.
La sua partita, al contrario di quella di Johnson (che la Brexit l’ha guadagnata), è ancora in bilico. E la possibilità di restare chiuso nella gabbia dell’impeachement (immagine che non abbiamo scelto a caso) resta.
Il significato del Black Friday prossimo venturo resta dunque tutto da scoprire. Vedremo.