11 Dicembre 2023

La controffensiva fallita e l'operazione militare speciale

La Russia avrebbe potuto incenerire l'Ucraina e non l'ha fatto. Ma il destino della guerra si decide a Washington dove è in arrivo Zelensky.
La controffensiva fallita e l'operazione militare speciale
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Interessante un’analisi di  Larry C. Johnson sul Ron Paul Institute che prende le mosse dall’inchiesta del Washington Post sulla debacle della controffensiva ucraina, finalmente riconosciuta dall’Occidente dopo mesi nei quali tutti i politici e i media proseguivano nel loro straniante esercizio di magnificare i “significativi” successi ucraini (derubricati appunto a significativi dopo una settimana dall’inizio della stessa, durante la quale furono definiti “grandi”).

Inutile dilungarsi sui tanti errori della Nato, responsabilità poi scaricate ovviamente su Kiev, ma uno in particolare, sottolineato nello scritto di Johnson, val la pena riportarlo: “Dove hanno preso [in Occidente] le informazioni che indicavano che le forze armate russe erano deboli, scarsamente addestrate, oppresse da un morale pessimo e prive di adeguate scorte di proiettili di artiglieria e di munizioni?”. Già, dove?

Val la pena riportare anche un altro passaggio dello scritto: “I generali Petraeus e Hodges, insieme all’institute for the study of war [le cui analisi sono state rilanciate da tutti i media mainstream ndr.] dovrebbero avere la grazia di scusarsi per le loro ripetute affermazioni di un’imminente vittoria dell’Ucraina”. In realtà, la lista sarebbe molto più lunga, comprendendo il presidente degli Stati Uniti, il Segretario generale della Nato, che pure qualche informazione avrebbero dovuto averla, e tanti altri.

Operazione militare speciale, non guerra

Ma al di là dei particolari, riportiamo la parte più interessante dell’articolo: “Temo che i politici e i leader militari statunitensi ancora non riescano a capire che la guerra  ucraina è stata davvero un’operazione militare speciale. La Russia, infatti, non ha sfruttato tutte le sue capacità”.

“Lo Stato Maggiore russo, seguendo le indicazioni ricevute dal presidente Putin, ha fatto di tutto per evitare massicce perdite civili. La Russia ha lasciato in piedi la maggior parte delle infrastrutture civili dell’Ucraina. Ha evitato di distruggere le piattaforme ISR [intelligence-ricognizione-sorveglianza ndr] e i sistemi satellitari dell’Ucraina e dell’Occidente [il riferimento è alla rete Starlink, magnificata come arma definitiva all’inizio del conflitto ndr]. Queste azioni sono ciò che vedresti se la Russia iniziasse una guerra totale”. Peraltro, si può aggiungere che la Russia dispone di una flotta di oltre 4mila aerei militari, quanto basta per incenerire l’Ucraina…

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L’invasione russa fu subito etichettata come “brutale”. L’invasione in Iraq prima e l’invasione di Gaza adesso sono modelli di comparazione utili per capire che l’aggettivo discendeva da una propaganda di bassa lega. Certo, l’operazione speciale ha causato vittime civili innocenti, ma su una scala incomparabilmente più bassa degli esempi citati. Il particolare è oltremodo significativo.

Alzare le difese, più facile a dirsi…

Non si tratta di magnificare Mosca e il suo zar, solo di stare ai fatti e dare a Cesare quel che è di Cesare (zar deriva, appunto da Cesare – Czar in russo) e di evitare ulteriori abbagli strategici dell’Occidente, che produrrebbero solo altre inutili vittime. La guerra è persa, lo sanno tutti nelle élite occidentali, ma si vuole trasformarla in una guerra infinita fino all’ultimo ucraino.

Così il passo ulteriore, suggerito sempre dagli esimi strateghi di cui sopra, e che ai loro occhi dovrebbe assicurare la prosecuzione del conflitto e, alla lunga, una rinnovata offensiva ucraina, è quello di stabilizzare il fronte alzando baluardi inespugnabili, così da poter riorganizzare, al riparo di questi, le più che degradate forze ucraine.

Ma ciò non tiene conto del fatto che i russi, come si annota nel video correlato all’articolo citato, in questo momento stanno attaccando lungo tutta la linea del fronte per non dare riferimenti ai difensori e sfondare nell’area di Avdiïvka e altrove.

Il punto è che appare più che probabile, appunto, che l’offensiva generalizzata, oltre a confondere le acque, serva anche a evitare che le linee si stabilizzino e consentano agli ucraini di creare presidi saldi, tali da renderne impossibile il superamento, un po’ quel che è successo con le linee difensive russe, sulle quali è stata immolata, a maggior gloria dell’Impero, la migliore gioventù dell’Ucraina e i suoi peggiori condottieri (leggi Battaglione Azov et similia).

Fallita la controffensiva è persa anche la battaglia degli aiuti statunitensi?

Ma la battaglia sulla prosecuzione a oltranza o meno della guerra si gioca a Washington. L’amministrazione Usa sta facendo pressioni sul Congresso perché approvi il nuovo pacchetto di aiuti militari da 110 miliardi di dollari, 61 dei quali sarebbero destinati all’Ucraina, dicendosi disposta a raggiungere un compromesso con i repubblicani, i quali chiedono che quei soldi, o parte di essi, siano piuttosto destinati a contenere l’immigrazione illegale.

Ma tra i repubblicani per tanti non è solo una questione legata ai migranti. Il senatore JD Vance, per fare solo un esempio, ha detto che l’amministrazione deve ancora trovare una giustificazione reale per dare altri aiuti all’Ucraina. Così Vance: “Ciò che stiamo chiedendo al presidente e in realtà al mondo intero è che è necessario articolare qual è l’ambizione [che motiva la sua richiesta]. Cosa riusciranno a realizzare 61 miliardi di dollari che non siamo riusciti a fare con 100 miliardi di dollari?” Il riferimento è agli aiuti già stanziati.

L’amministrazione Usa, però, non demorde e per rendere più appassionata la propria richiesta ha invitato Zelensky alla Casa Bianca. Seguiremo quel che accadrà, nel frattempo val la pena registrare che Zelensky arriverà negli Stati Uniti dopo aver partecipato alla cerimonia di insediamento del presidente argentino Milei, a dimostrazione che il diaframma che separa i neocon repubblicani, ai quali Milei è legato, e i liberal che affollano il partito democratico è solo una foglia di fico (vedi Piccolenote).

Accenniamo al tragitto del presidente ucraino anche per un particolare divertente riportato da Strana: nel suo volo da Buenos Aires verso Washington, Zelensky ha fatto scalo in Brasile, nella speranza di incontrare il presidente Lula da Silva, invitato all’aeroporto per un incontro. Lula ha declinato l’invito…

STRANA: “Zelensky ha offerto al presidente del Brasile di incontrarsi con urgenza all’aeroporto, ma Lula ha rifiutato”

 

 

 

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