30 Dicembre 2021

Desmond Tutu e Israele

Desmond Tutu e Israele
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Il 26 dicembre è morto l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, al quale fu assegnato il Nobel per la pace insieme a Nelson Mandela per aver costretto il mondo a non rimanere indifferente alle sofferenze dei neri sudafricani.

Le accuse di Dershowitz a Desmond Tutu

Lo ha pianto il mondo intero, ricordando questo fiero e mite religioso che è diventato un simbolo di un’umanità vera. E, però, come annota The Guardian, il dolore non è stato così unanime.

In occasione della sua morte, infatti, Alan Dershowitz uno dei più autorevoli avvocati degli Stati Uniti, e potente a tutto tondo, in un’intervista alla Fox News lo ha ricordato come “malvagio” e come “l’antisemita più influente del nostro tempo”.

“Il mondo è in lutto per il vescovo Tutu che è appena morto”. Ha detto l’avvocato Usa. “Ma posso ricordare al mondo che sebbene abbia fatto alcune cose buone, molte cose buone durante l’apartheid, l’uomo era un fervente antisemita e un bigotto?”

Nella sua nota il Guardian spiega come le accuse dell’avvocato siano infondate, una distorsione di quanto ebbe veramente a dire a suo tempo Tutu.

Così il giornale britannico: “Il vero crimine di Tutu agli occhi dei sostenitori più strenui di Israele è stato quello di paragonare il loro governo sui palestinesi all’apartheid e poi rifiutarsi di fare marcia indietro quando è stato fatto segno di massicce critiche”.

“Nelle sue visite in Israele e in Palestina, Tutu ha immediatamente riconosciuto gli echi della sua patria negli spostamenti forzati, nelle demolizioni delle case, nelle umiliazioni dei posti di blocco e dei sistemi di controllo sui movimenti, nella confisca dei terreni in favore degli insediamenti ebraici e nel confinamento dei palestinesi. sparsi a macchie di leopardo sul territorio che gli ricordavano le riserve nere del Bantustan”.

“Soprattutto vedeva un popolo controllarne un altro che, come i neri sudafricani fino al 1994, aveva poca voce in capitolo nel loro governo. Tutu non era solo, secondo l’avvocato. Anche l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter ha attirato simili accuse al vetriolo da parte di Dershowitz e altri quando ha pubblicato il suo libro più venduto, Palestine: Peace Not Apartheid, nel 2006. Ma Tutu era più difficile da attaccare. Non solo ha goduto dell’autorità di un premio Nobel per la pace assegnato per la sua coraggiosa posizione contro il governo bianco in Sudafrica, ma ha riconosciuto l’apartheid quando l’ha visto”.

Il Guardian prosegue ricordando le varie dichiarazioni rese in tal senso dall’arcivescovo nel corso degli anni, alle quali rimandiamo. Non si tratta, oggi, di ricordare quanto affermato allora, adesso più evidente e denunciato sempre più spesso anche da tanti politici e intellettuali israeliani (vedi ad esempio Yehudit Karp su Haaretz: “È giunto il momento di ammetterlo: Israele è un regime di apartheid”).

Si tratta semplicemente di ricordare che allora la situazione non era ancora così critica come l’attuale, così che la lungimiranza di Tutu brilla ancor più oggi che allora, perché prima di altri si era accorto di quanto tanti, anche in seno all’ebraismo, hanno riconosciuto solo più tardi. E così anche la critica di Dershowitz, per una bizzarra eterogenesi dei fini, è servita a ricordare al mondo questo aspetto del presule, pressoché ignorato dai media del mondo, che pure l’hanno osannato in coro.

La visita di Abū Māzen in Israele

Concludiamo questa nota con un cenno sul presente, ricordando quanto abbiamo scritto nella nota di ieri, cioè la visita in Israele del presidente della Palestina, la prima da un decennio, ospitato nella sua abitazione privata dal ministro della Difesa Benny Gantz.

Per questo suo gesto Gantz è stato fatto segno di feroci critiche da parte della destra israeliana, anche di quella parte di destra che governa insieme a lui il Paese, ma, nonostante ciò, il ministro tira dritto e ha annunciato alcune misure in favore dei palestinesi (Timesofisrael).

Non è il solo esponente del governo israeliano che si è esposto in favore dei palestinesi. Una settimana fa Il ministro della Pubblica sicurezza Omer Barlev ha dichiarato inaccettabile la violenza dei coloni contro i palestinesi. Una dichiarazione risultata ovviamente gradita dalle autorità palestinesi e aspramente criticata anche nel ristretto ambito del suo governo (Timesofisrael).

Cenni che indicano che la parte israeliana che nei lunghi anni di governo Netanyahu era stata costretta quasi al silenzio sta timidamente tornando a far sentire la sua voce, animando il dibattito interno e offrendo alla controparte palestinese una interlocuzione venuta a mancare durante la lunga reggenza di Bibi.

Si tratta di piccoli passi, ma significativi, favoriti certamente anche dalla nuova amministrazione Usa, che non ha fatto mistero di voler mutare la politica statunitense verso il suo alleato mediorientale, che negli ultimi anni era stata più che condiscendente verso Netanyahu e le sue politiche riguardo i palestinesi e il loro territorio.

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