21 Settembre 2017

Di attentati, di colpevoli e di innocenti

Di attentati, di colpevoli e di innocenti
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«Nei tre maggiori attentati che si sono verificati in Inghilterra quest’anno, sul Westminster Bridge, a Manchester e sul London Bridge, la polizia ha effettuato complessivamente 49 arresti nei primi giorni dopo ciascuna azione. Ma successivamente tutti e 49, senza esclusioni, sono stati rilasciati senza alcuna imputazione. Gli arresti ricevono sempre grande attenzione mediatica. I rilasci, molto meno». Così sulla Repubblica del 21 settembre.

Numeri che danno conto di un procedimento automatico che si innesca all’indomani degli attentati: trovare dei colpevoli a tutti i costi. Ciò perché alle ragioni investigative si sovrappongono quelle relative alla stabilità di sistema, che impongono di chiudere subito il caso per tranquillizzare l’opinione pubblica.

Clamoroso quanto avvenne nel caso dell’attentato di Barcellona, quando le autorità madrilene dichiararono che l’inchiesta era finita, dichiarazione cui seguì una pronta smentita degli investigatori catalani che continuarono ad arrestare i membri della cellula che l’Isis aveva scelto come terminali dell’operazione ben dopo l’annuncio di Madrid.

Si può rilevare che lo scopo di tranquillizzare i cittadini, seppur doveroso da parte delle autorità, può rivelarsi un’arma a doppio taglio: peraltro quando un’inchiesta prende una direzione fallace, dà tempo e modo ai terroristi di fuggire e far perdere le proprie tracce, sempre meno visibili col passare del tempo.

I numeri provenienti da Londra non possono essere spiegati solo come una defaillance degli investigatori britannici: è più che probabile che circostanze similari si siano verificate negli attentati avvenuti in altri Stati dell’Occidente, ma tali errori siano meno noti.

Sarebbe peraltro interessante verificare quanti dei terroristi uccisi in operazioni successive ad attentati, siano in realtà vittime di un errore investigativo. Una curiosità che rimarrà inevasa: i morti non possono parlare, quindi sono colpevoli.

Né l’Isis (o altra rete del Terrore) avrebbe interesse a smentire la loro colpevolezza, perché tale accertamento permette agli (eventuali) veri colpevoli di continuare a vivere nell’ombra e di poter agire ancora indisturbati.

Più volte, in occasione di operazioni anti-terrorismo abbiamo rilevato come queste si concludano spesso con terroristi morti ammazzati. Aggiungendo che per smantellare la rete del Terrore sarebbe necessario tentare di catturare vivi i suoi agenti, o presunti tali. In modo che possano fornire informazioni che potrebbero rivelarsi di vitale importanza. La nota di Repubblica potrebbe fornire una risposta, seppur certo parziale, ai nostri interrogativi.

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