27 Ottobre 2016

Se è Dio a difendere la sua Chiesa

Se è Dio a difendere la sua Chiesa
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Alcuni lettori ci hanno segnalato degli articoli recenti in cui si mettono in relazione i critici di papa Francesco e una tendenza all’idealizzazione di Vladimir Putin.

Ciò emergerebbe da analisi svolte nell’ambito dell’area del dissenso anti-bergogliano, molto attiva nel web, che si compone di mondi diversi, anche se per lo più afferenti alla destra politica e al cosiddetto tradizionalismo cattolico.

Uno di questi articoli si conclude con un commento di Massimo Introvigne secondo il quale tratto comune in questa galassia avversa a Francesco sarebbe «l’idealizzazione mitica del presidente russo Vladimir Putin, presentato come il leader “buono” da contrapporre al Papa leader “cattivo”, per le sue posizioni in materia di omosessuali, musulmani e immigrati. Con il dissenso anti-Francesco collaborano fondazioni russe legatissime a Putin».

A parte la boutade anti-Putin, figlia di certa paranoia da Guerra Fredda che attraversa il mondo occidentale, non si può negare che vi sia maretta contro Bergoglio. Sorte che peraltro lo accomuna ai molti suoi predecessori perché così va il mondo. Ed è vero che nel caso specifico le critiche vengono per lo più da ambiti di destra, con eccezioni che confermano la regola.

Ciò avviene anche perché tale papato è stato insistentemente raccontato come “progressista”, crediamo al di là dei desiderata di Francesco, e forse anche per certe estremizzazioni da parte di ambiti ecclesiali che si dicono a lui prossimi ma che prossimi non sono.

Si è creata cioè una dialettica conservatori-progressisti che ricorda quella del post-Concilio, tanto che sembra essere tornati agli anni Settanta.

Sorvolando in questa sede sulla genesi di tale polarizzazione, che peraltro interessa solo gli addetti ai lavori e non i poveri fedeli, va registrato che non aiuta a sanarla la suddivisione tra chi sta con il Papa e chi lo critica.

Una polarizzazione, quest’ultima, di tipo inedito e dal sentore alquanto clericale: esercizio più congruo sarebbe cercare di aver contezza di quanti sono amici di Gesù (o quanti sono “per Gesù”, come da Vangelo) e quanti lo avversano, al di là delle loro posizioni riguardo certe direttrici del Pontificato.

Nel dettaglio, se è vero che alcuni ambienti usano della tradizione cristiana in maniera strumentale per colpire il Papa, è altrettanto vero che confondere questi ambienti con i cristiani che amano la tradizione perché amano Gesù è operazione poco commendevole.

Essa, infatti, consegna dialetticamente tali cristiani al campo avverso, in maniera altrettanto strumentale. E, tra l’altro, non favorisce quel riavvicinamento alla Chiesa ortodossa che a quella tradizione è legata in maniera stupenda.

Sul punto val la pena anche ricordare l’amicizia tra l’attuale Papa e il precedente, al quale la tradizione cattolica è più che cara.

E anche, si parva licet componere magnis, il legame tra l’allora cardinale Bergoglio e don Giacomo Tantardini, sacerdote in cui l’amore a Gesù si accompagnava all’amore per tale tradizione, che, ripeteva, offre ai poveri fedeli più spazi di libertà e di misericordia di certo “progressismo” cattolico.

Come si accennava, il problema è di prospettiva: se la difesa della Chiesa coincide tout court con la difesa del Papa, anche in buona fede si rischia di perdere di vista l’essenziale della fede e il multiforme operare della grazia del Signore. E si rischia di dare spazio alla papolatria, deriva dalla quale Francesco ha più volte messo in guardia.

Inoltre la difesa della Chiesa da nemici veri e presunti è esercizio difficile, anzi (per fortuna) impossibile all’uomo. Se è vero che la Chiesa è del Signore, è Lui che la difende scegliendo chi vuole Lui quando vuole Lui. Nella Chiesa (ad esempio san Francesco) e nel mondo (Ciro, l’«eletto» del Signore sebbene non lo conosca, come da richiamo biblico).

Magari anche Putin, nonostante l’opinione contraria del direttore del Cesnur. Com’è evidente in Siria, dove tutti i patriarchi e i vescovi locali affermano che senza l’intervento russo, determinato certo da ragioni geopolitiche, non sarebbe rimasto alcun cristiano (e a dir la verità anche pochi islamici, da non confondere con i satanisti e i mercenari di marca jihadista ivi scatenati).

O come è stato evidente quando Erdogan, allora alleato diletto della Nato e in affari petroliferi con l’Isis, rese dichiarazioni minacciose all’indirizzo del Pontefice, reo di aver parlato del genocidio armeno. Tra le voci che allora si levarono a difesa del papa spiccava quella di Putin, meno timido di altri sul punto.

Si potrebbe continuare, ma preferiamo accennare a un’altra considerazione a più ampio raggio: non si può dimenticare che elemento fondante di questa guerra mondiale fatta a pezzi è l’idea di alcuni ambiti, guidati da lucida follia, di realizzare una destabilizzazione globale foriera di un nuovo ordine mondiale (ordo ab chao).

Un progetto e una prassi rispetto ai quali Putin, per ragioni di sicurezza e prestigio nazionale, appare elemento frenante. Cosa della quale non si può non tener conto.

Non si tratta di idealizzare nessuno, solo di osservare quanto sta avvenendo nel mondo con quel realismo che appartiene alla fede cristiana.

Né si può obliare che don Luigi Giussani ebbe a definire lo zar russo (riteniamo profeticamente) come “nuovo Costantino”. E don Luigi un po’ di fede l’aveva…

L’elezione di Francesco è stata provvidenziale. Molte direttrici del suo pontificato sono certo benedette dal Signore e trovano condivisioni. Altre suscitano perplessità in diversi ambiti cristiani ed ecclesiali. Perplessità che dovrebbero essere affrontate con necessario discernimento ed evitando generalizzazioni, fonte di inutile quanto dannosa polarizzazione.

C’è da sperare che quanti amano la Chiesa, anzi quanti sono amati dal Signore, sappiano volare alto anche nelle controversie (inevitabili allorquando si esercita la grata libertà dei figli di Dio). Anche al di là dei torti e delle ragioni proprie della dialettica.

Aiuta in tal senso ricordare che separare i buoni dai cattivi è cosa che appartiene al Signore alla fine del mondo. Come Egli accenna nel suo Vangelo.

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