27 Maggio 2024

L'eccidio di Rafah che ha sconvolto il mondo

La riprovazione internazionale, ma dagli Usa un silenzio assordante.
L'eccidio di Rafah che ha sconvolto il mondo
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Il mondo è scosso dall’orribile attacco alla tendopoli di Rafah, dove le bombe hanno fatto strame e provocato un incendio nel quale sono perite oltre 40 persone, un bilancio ad ora provvisorio. Civili, donne e bambini. Un eccidio consumato in una delle tante zone sicure, che sicure non sono affatto, come hanno dimostrato questi mesi di mattanza.

Una delle tante stragi compiute dall’esercito israeliano, la novità è che stavolta il mondo ha reagito in maniera più eclatante, anche se siamo ancora fermi alle parole, che non possono certo fermare la macelleria in corso.

Ma è da registrare che anche in Israele iniziano a vacillare certezze consolidate, quelle che hanno permesso finora alla leadership israeliana, nel senso più ampio del termine, di pensare di poter gestire la crescente riprovazione internazionale.

Rafah: la riprovazione internazionale 

Così il Timesofisrael: “‘Non più giustificabile’: Israele affronta la condanna internazionale per l’attacco a Rafah”. Così Haaretz: “Il mondo condanna l’attacco israeliano ‘orribile e ingiustificato’ a Rafah. Chiede l’attuazione della sentenza dell’ICJ”, cioè l’ordine della Corte internazionale di giustizia di porre fine alla campagna contro Rafah.

No longer justifiable’: Israel faces international condemnation for strike in Rafah

Tel Aviv ha percepito il vento avverso e si è mosso di conseguenza. La procura militare ha dichiarato che quanto accaduto è “molto grave” e che verrà aperta un’inchiesta. Spera, cioè, che si ripeta quanto avvenuto per l’attacco al camion di aiuti umanitari che ha fatto il giro del mondo, con un’inchiesta interna che destituisca due o tre alti graduati delle forze armate.

Gli andrà bene anche stavolta? Dipenderà da tanti fattori. Intanto, registriamo che i media mainstream americani per eccellenza, New York Times e Washington Post, che riflettono gli umori e l’orientamento dell’Impero d’Occidente, oggi danno poco rilievo alla notizia. Brutto segno, ma vedremo.

Segnali di segno avverso al governo di Tel Aviv, invece, vengono dai media israeliani. Al di là delle opposte reazioni all’ennesima strage, e delle ulteriori manifestazioni contro l’indifferenza del governo alla sorte degli ostaggi – che da tempo inondano le strade del Paese – di rilievo l’appello del movimento che accomuna tante madri di soldati dell’Israel defence force.

Israel Says Rafah Civilians Likely Died From Fire Set Off by Strike on Hamas Officials; Death Toll Hits 45

Ne scrive Haaretz con un articolo dal titolo: “Fermatevi! Ora! Noi madri dei soldati israeliani chiediamo la fine dell’inutile guerra a Gaza”. Questo il sottotitolo: “Faccio parte di un movimento di genitori di soldati dell’IDF che un tempo sostenevano la guerra, ma ora si oppongono a quella che si è trasformata in un’inutile trappola mortale per i nostri figli, una guerra guidata da un governo estremista che non vuole che finisca mai”.

Il Jerusalem Post e gli ostaggi israeliani

Di rilievo, anche l’editoriale del Jerusalem Post, media ufficiale di Tel Aviv – un po’ il nostro Corriere della Sera – che dall’inizio della guerra ha ostentato il suo favore alle operazioni belliche su Gaza. L’editoriale è dedicato alla sorte degli ostaggi, la cui vita è reputata più importante di quella dei civili palestinesi uccisi ieri, ma così è.

Israel's government has failed and must do more - editorial

Nel fondo del JP un senso di definitività come mai prima d’ora. Così nel sottotitolo: “Il governo israeliano ha tradito gli ostaggi e le loro famiglie. L’esercito israeliano ha tradito gli ostaggi e le loro famiglie”. E, commentando il video, pubblicato di recente dalle famiglie degli ostaggi, quello delle povere soldatesse rapite il 7 ottobre, che palesa il tragico fallimento del governo nel riportare a casa i rapiti, conclude: “Quando è troppo è troppo”.

“[…] Per 232 giorni gli ostaggi sono rimasti prigionieri. Sono 232 giorni che l’esercito israeliano non riesce a riportarli tutti a casa. Più a lungo si trascina la guerra, minori sono le possibilità di riaverli vivi“.

“Uno dei fattori significativi rivendicati da Israele per affermare la necessità di un’operazione militare a Rafah è stato il ritorno degli ostaggi. L’operazione lanciata da Israele all’inizio di questo mese è stata per il momento limitata. Se Israele vuole riuscire a raggiungere l’obiettivo dichiarato di riportare a casa gli ostaggi, forse è giunto il momento di considerare di fare di più”.

“Ci sono molte cose di cui l’IDF deve tenere conto, non ultimo la salute dei suoi soldati e la riduzione al minimo delle morti civili a Gaza. Tuttavia, la leadership politica e militare di Israele deve considerare cosa renderebbe l’operazione di Rafah un successo”. Implicito, serve riportare a casa gli ostaggi.

A meno di una presa di posizione forte degli Stati Uniti, che ad oggi non si vede, solo un accordo con Hamas in cambio della liberazione degli ostaggi può porre fine al genocidio, da cui l’importanza dello scritto citato.

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