Ucraina: ritorno alla follia dell'escalation per far fallire i negoziati

Dopo la spinta diplomatica successiva al vertice tra Putin e Trump, l’apparente stallo. Zelensky, lontano dalla Casa Bianca, continua a negare la possibilità di cedere territori e intensifica i bombardamenti in territorio russo, sia agli impianti energetici che contro obiettivi civili, mentre prosegue come prima la campagna russa, con conquiste progressive e bombardamenti mirati alle infrastrutture strategiche ucraine, che provocano vittime civili (di cui i media occidentali riferiscono, al contrario dei civili russi).
A stoppare l’iniziale flessibilità di Zelensky la Ue, ormai salita con decisione sul carro neocon, che ha preso un abbrivio apparentemente inarrestabile grazie ai guadagni stellari dell’apparato militar-industriale Usa prodotti dal conflitto ucraino e dalla stretta politica e mediatica sull’Occidente che s’accompagna al genocidio di Gaza.
Ma, al solito, la Gran Bretagna si è ritaglita un ruolo primario in questa spinta pro-guerra, anche se (come al solito) manda avanti altri a far da guastatori, nel caso specifico Macron e Mertz, che più hanno sostenuto le ragioni di Zelensky al cospetto di Trump.
Invece le manovre britanniche restano sottotraccia. Anzitutto ha fornito a Kiev la tecnologia per costruire missili a lungo raggio – gittata di 3mila chilometri, testata 1.150 chilogrammi – in grado di causare danni in profondità alla Russia. Infatti, il Flamingo, presentato come produzione autoctona, è troppo simile al missile dell’azienda emiratina-britannica Milanion, esposto alla fiera IDEX-2025 (si noti la curiosa somiglianza con la V1 tedesca).
Impossibile per gli ucraini sviluppare tale vettore. Lo rileva, tra gli altri, l’Economist in un articolo che, nel sottotitolo, recita: “Troppo bello per essere vero”. Questo l’incipit: “Il Flamingo ha un impatto notevole, sulla carta. Se anche solo la metà delle affermazioni fosse vera, avrebbe il potenziale per infliggere gravi danni a obiettivi praticamente ovunque nella Russia europea. Apparso nel mezzo di laboriosi colloqui di pace, il velivolo potrebbe contribuire a incoraggiare Vladimir Putin a deporre le armi” [?]
“Ancora più sorprendente, quindi, che il processo per avviare la produzione di massa abbia richiesto solo nove mesi, anziché i soliti anni o addirittura decenni, e che sia stato guidato da una dirigenza che afferma di non avere nessuna esperienza nel settore della difesa”.
Più che plausibile la spiegazione di Patrica Marins, giornalista ucraina: “L’azienda ucraina afferma di puntare a produrre 8 Flamingo al giorno a ottobre. Questo mi fa sospettare che probabilmente non stiano producendo missili, ma piuttosto assemblando kit già pronti, un tentativo dei paesi europei di eludere il trattato missilistico che limita l’esportazione di missili a lungo raggio in Ucraina”.
Non solo le armi. La Gran Bretagna si sta muovendo anche a livello politico, spingendo la candidatura alla presidenza dell’ex Capo di Stato Maggiore Valery Zaluzhny, oggi ambasciatore a Londra.
Un’iniziativa lanciata a luglio da un articolo di Vogue che tratteggiava il generale come un novello Churchill. E confermata ad agosto da un articolo del Guardian che ne pronostica la vittoria, mentre si fanno sempre più insistenti le voci che questi abbia già aperto un ufficio elettorale a Kiev (di questi giorni, peraltro, il memorandum di intesa tra la commissione elettorale ucraina e l’organismo di controllo elettorale del Regno Unito: tempistica non casuale).
Nel resconto del Guardian, l’elogio di Zaluzhny del battaglione neonazista Azov, il cui eroismo dovrà essere ostentato alle nuove generazioni ucraine, e quello di Israele, che considera un “modello, a dispetto delle attuali operazioni sanguinarie a Gaza”, come annota il giornale britannico con inconsapevole, tragica, ironia (che forse può aiutare a capire la bizzarra associazione nazismo-Israele).
La notizia dell’ufficio elettorale di Zaluzny è circolata subito dopo l’incontro di Zelensky con Trump, nel quale il presidente ucraino è apparso remissivo. Atteggiamento che deve aver irritato i suoi sponsor, che in tal modo gli hanno ricordato come sia transitoria la gloria del mondo.
Più esplicito Serhiy Sternenko, un dirigente del movimento neonazista Settore destro, che, interpellato dal Times di Londra, ha dichiarato che, se Zelensky cederà terrotori ai russi, si ritroverà “cadavere”. Normale amministrazione per l’Ucraina, strano invece – ma anche no, per quanto scritto in precedenza – che la minaccia sia stata ospitata dal media più autorevole del Regno Unito.
L’intimidazione in modalità ibrida di Zelensky e l’escalation tramite i missili a lungo raggio, con annesso attacco di droni alla centrale nucleare di Kursk (tale la follia dilagante), ha avuto l’esito di porre criticità alle trattative, nel tentativo di farle naufragare. Cosa che accadrebbe se l’escalation innescasse una reazione incontrollata di Mosca, alla quale si mira.
Per ora la Russia ha solo intensificato gli attacchi, prendendo di mira, per la prima volta, anche obiettivi dichiaratamente occidentali, quali la sede ucraina della Ue e quella del British Council, target quest’ultimo più significativo (pochi danni, ma le detonazioni sono riecheggiate a Bruxelles e Londra).
Quanto alle dichiarazioni di Trump sono, al solito, confuse e contraddittorie, conta quel che fa, cioè il blocco della fornitura delle armi dirette a Kiev, che le dovrà ricevere dalla Nato previo acquisto dagli States. Flusso ridotto, dunque.
Nonostante le forze ostative, prosegue il lavorio diplomatico ad ampio spettro, come ha detto due giorni fa l’inviato di Trump, Steve Witkoff, prima di ricevere una delegazione ucraina a Washington, affermando: “Parliamo con i russi ogni giorno“… secondo lui, la guerra si chiuderà entro la fine dell’anno. Possibilità incrementate da un eventuale collasso di parte del fronte ucraino, obiettivo dell’attuale offensiva russa.
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