12 Novembre 2025

Gaza: si lavora alla tragica "bonanza" vagheggiata da Smotrich

di Davide Malacaria
Gaza: si lavora alla tragica "bonanza" vagheggiata da Smotrich
Tempo di lettura: 4 minuti

Israele e Stati Uniti hanno predisposto un piano per iniziare la ricostruzione di parte di Gaza, quella attualmente sotto il controllo dell’IDF, cioè il 58% del totale. In tale area verrebbero edificate le cosiddette Comunità Sicure Alternative, alle quali potranno accedere solo i gazawi che supereranno uno screening che escluda legami con Hamas.

Quelli che supereranno l’esame di purezza avranno casa e servizi assicurati, così almeno predispone il piano (dubitarne è lecito), ma gli sarà impossibile fare ritorno nella zona di Gaza a oggi ancora controllata da Hamas.

Lo rivela Haaretz ed è qualcosa di mostruosamente reale, infatti prosegue: “Secondo quanto riportato da The Atlantic, il tenente generale statunitense Patrick Frank, a capo del Centro di coordinamento civile-militare (CMCC) di Kiryat Gat in Israele [che sta supervisionando il cosiddetto cessate il fuoco ndr], ha recentemente inviato un’e-mail ai suoi colleghi sottolineando l’urgenza di portare avanti il ​​piano”.

U.S. Reportedly Weighs Temporary Housing for Palestinians Cleared of Hamas Ties in Israeli-controlled Areas of Gaza

Nel desrivere i colloqui su tale prospettiva che s’intrecciano tra Medio oriente e Stati Uniti, Haaretz annota che tutto ciò ricorda il piano annunciato a luglio dal ministro della Difesa Israel Katz, che prevedeva la creazione di una “città umanitaria” a Rafah, “dove sarebbe stata concentrata la popolazione della Striscia di Gaza”. Non per nulla il progetto pilota per la prima Comunità Sicura Alternativa sarebbe proprio a Rafah.

Non si tratta di uno sviluppo dell’intesa originale, quella proposta da Usa e Israele e accettata da Hamas, secondo la quale la governance della Striscia sarebbe stata affidata a un’autorità formata da tecnocrati palestinesi e la sua sicurezza a una forza di stabilizzazione internazionale, ma di una sua declinazione provvisoriamente definitiva che condannerebbe parte dei palestinesi a vivere in una sorta di riserva indiana, mentre il destino dei restanti sarebbe quello di continuare a vivere in una prigione a cielo aperto, come prima del fatidico 7 ottobre.

La provvisorietà definitiva di tale sviluppo la ricaviamo da un altro articolo di Haaretz: “La fase successiva del piano prevede un ulteriore ritiro di Israele dalla cosiddetta Linea Gialla […] in parallelo all’istituzione di un’autorità transitoria per governare Gaza, allo spiegamento di una forza di sicurezza multinazionale destinata a sostituire l’esercito israeliano, al disarmo di Hamas e all’inizio della ricostruzione”.

“Ma il piano non prevede tempi o meccanismi di attuazione. Nel frattempo, Hamas si rifiuta di disarmare [la realtà è più complessa, vedi New York Times, ndr.], Israele respinge qualsiasi coinvolgimento dell’Autorità nazionale palestinese sostenuta dall’Occidente e persiste l’incertezza sulla forza multinazionale”.

Arab Mediators Believe Hamas Could Be Open to Partially Disarming

Così, “senza un deciso intervento degli Stati Uniti per uscire dall’impasse, la linea gialla sembra destinata a diventare di fatto il confine che dividerà Gaza a tempo indeterminato, come ci hanno confidato 18 fonti diverse, tra cui sei funzionari europei e un ex funzionario statunitense a conoscenza dei colloqui”.

Tutto ciò ricorda sinistramente quanto dichiarato in un convegno di metà settembre dall’aggressivo ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich il quale, affermando che era giunto il momento di porre fine alle ostilità, aggiungeva che la Striscia era una potenziale “bonanza” immobiliare – cioè una miniera di opportunità – spiegando di aver avviato una trattativa “con gli Stati Uniti su come dividere l’enclave costiera dopo la guerra”.

“Abbiamo speso un sacco di soldi per questa guerra”, ha detto. “Dobbiamo decidere come dividere il territorio in percentuale. La demolizione, la prima fase del rinnovamento della città, l’abbiamo fatta. Ora dobbiamo costruire. C’è un piano imprenditoriale, messo a punto dalle persone più professionali qui presenti, che è sulla scrivania del presidente Trump” (Timesofisrael).

Secondo Haaretz arabi ed europei, che partecipano alle trattative, si oppongono a tale prospettiva e stanno spingendo perché il piano proceda sui binari concordati, nonostante le difficoltà. Ma se gli arabi hanno qualche voce in capitolo, agli europei, al netto dei tanti tacitamente conniventi, al massimo è consentito protestare.

Sempre Haaretz spiega che anche nel Dipartimento di Stato Usa il piano incontra “opposizioni”, ma resta che la spinta per procedere su questa via mefistofelica, che evita la soluzione finale a breve dei palestinesi, ma li destina a un futuro ancora più triste del passato, è fortissima.

Ovvia la considerazione dell’articolo di Haaretz citato in precedenza: “Qualsiasi smembramento territoriale di fatto di Gaza ostacolerebbe ulteriormente le aspirazioni palestinesi a una nazione indipendente che comprenda la Cisgiordania e peggiorerebbe la catastrofe umanitaria di un popolo che non ha un riparo adeguato ed è quasi interamente dipendente dagli aiuti per il sostentamento”. Dove quel “quasi” è un eufemismo.

Quanto all’accenno alla Cisgiordania, si registra il grido di dolore del presidente israeliano Isaac Herzog, che ha condannato la “grave” e “scioccante” violenza dei coloni contro i palestinesi di quella regione. Al solito, si tratta di esternazioni vuote, dal momento che non hanno conseguenze né, come ci è legittimo sospettare, sembra che vogliano davvero averle.

E però tale flatus vocis più che attutire le critiche a Israele, unico vero obiettivo apparente, le legittima ancor più e le rafforza. Di ieri un articolo del New York Times dal titolo indicativo: “Nessun cessate il fuoco in Cisgiordania”.

A margine, informiamo quanti non lo sapessero che la ITV, media pubblico britannico collegato alla BBC, ha trasmesso il documentario “Breaking Ranks: Inside Israel’s War” nel quale diversi soldati israeliani sgranano alcuni dei crimini consumati a Gaza: dai palestinesi usati come scudi umani all’uccisione arbitraria dei civili e altro. Diga incrinata, si auspica un’ondata di piena.

Breaking Ranks: Inside Israel's War

 

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