23 Maggio 2019

Crisi Huawei: una nuova Guerra fredda tecnologica?

di Andrea Filosa
Crisi Huawei: una nuova Guerra fredda tecnologica?
Tempo di lettura: 3 minuti

Le principali aziende tecnologiche statunitensi hanno sospeso le forniture a Huawei fino a nuovo avviso.

È l’esito dell’ultima mossa di Trump, che venerdì scorso ha autorizzato il Dipartimento per il commercio a inserire il colosso cinese nella blacklist delle società che mettono a rischio la sicurezza nazionale.

E’ un duro colpo per la società cinese, dato che “sia i telefoni cellulari Huawei che i dispositivi di rete si basano su componenti americani”, dice Bloomberg.

E le conseguenze sarebbero ancor più dannose se il divieto venisse applicato definitivamente, con l’eventualità di “far fallire una delle aziende di più alto profilo della Cina, con oltre 180 000 impiegati”.

Ma Huawei non sarebbe la sola a rischio. Il divieto potrebbe paralizzare le attività di alcune aziende americane che devono gran parte del loro fatturato proprio agli affari con la società cinese, oltre a ritardare considerevolmente il lancio delle reti 5G in tutto il mondo, sviluppate appunto sempre da Huawei e ritenute la futura spina dorsale dello sviluppo economico.

E così come per la guerra commerciale precedente, l’iniziativa di Trump ai danni di Huawei avrebbe conseguenze in tutto il mondo, con pesanti ritorsioni sull’industria tecnologica globale e sul mercato.

Fine quindi dei legami commerciali tra Stati Uniti e il gigante asiatico numero uno nel settore delle telecomunicazioni, accusato di spionaggio dall’amministrazione Trump e per questo inserito nella lista nera, sebbene Huawei abbia respinto più volte l’accusa.

L’errore di Trump e la risposta cinese

Un articolo su Bloomberg condanna la mossa di Trump, definendola un “grave errore” che minerebbe gravemente le relazioni tra i due paesi con effetti collaterali in tutto il mondo.

Una sana relazione commerciale sarebbe la strategia ideale per calmare le acque; “ciò di cui gli USA hanno bisogno è un piano più ampio che cerchi una convivenza più sana con la Cina”, recita Bloomberg.

“Al contrario, prendere di mira Huawei inasprirà ulteriormente i pochi moderati della leadership cinese e fomenterà coloro che vedono inevitabile un eventuale conflitto”.

Dal canto suo, il governo cinese ha reagito al divieto minacciando ulteriori sanzioni sulle importazioni statunitensi, ma, allo stesso tempo, ha inviato messaggi distensivi, dichiarando che la Cina è comunque sempre pronta al dialogo per risolvere le dispute.

L’ambasciatore cinese nel Regno Unito ha tuttavia ribadito che, pur non volendo una guerra commerciale in piena regola, la Cina la “combatterebbe fino alla fine, se necessario”.

Una minaccia che sembra poggiarsi, a detta di tanti analisti, su un dato: la Cina possiede i maggiori giacimenti di terre rare al mondo – elementi indispensabili all’industria hi tech. La possibilità che metta dazi su tali prodotti costituisce un valido deterrente all’aggressività americana. Ciò perché in tale settore gli Usa sono fortemente dipendenti dal Dragone (l’80 % delle importazioni di terre rare in America sono cinesi).

Huawei: Guerra Fredda digitale

A detta di Bloomberg, privare Huawei delle componenti base per le sue apparecchiature comporterà un enorme sforzo alla Cina, che senza l’approvvigionamento estero dovrà investire tempo e denaro per realizzare una nuova industria tecnologica in proprio.

Ad aggravare ulteriormente le probabilità di sopravvivenza del colosso cinese è la futura impossibilità ad accedere alla versione pubblica del sistema operativo Android di Google, che detenendo app indispensabili ai più – come gmail e googlemaps -, limiterà drasticamente le vendite estere (come è effettivamente già avvenuto in Gran Bretagna).

Ma un articolo sul South China Morning Post mostra come Huawei, in previsione di un eventuale embargo, abbia in passato sviluppato chip mediante l’aiuto di HiSilicon (azienda numero uno in Cina di circuiti integrati e proprietà della stessa Huawei) come alternativa a quelli forniti dalle aziende americane Intel e Qualcomm.

E non solo, la società aveva già confermato a marzo “di aver sviluppato i propri sistemi operativi per smartphone e computer nel caso in cui quelli forniti da aziende tecnologiche statunitensi non fossero più disponibili”.

Rimane tuttavia da vedere se la Cina riuscirà da sola a tirar fuori alternative in grado di competere con quelle americane.

E se ci riuscirà, Bloomberg predice “una cortina di ferro digitale, che separa il mondo in due sfere tecnologiche distinte e reciprocamente esclusive”.

 

 

 

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