22 Settembre 2014

I bilanci dei Paesi europei e la stagnazione virtuale

I bilanci dei Paesi europei e la stagnazione virtuale
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Il dibattito sulla crisi economica europea verte sul ripianamento del deficit pubblico di alcuni Stati, tra i quali l’Italia. Da qui il dibattito sul rigore imposto a tali Paesi per mettere a posto i conti e rendere stabile il sistema Ue. Sul tema è intervenuto Thomas Piketty, economista francese che sta spopolando con il suo libro Il capitale del XXI secolo, un successo editoriale insperato. In realtà, spiega Piketty in un’intervista a Repubblica del 22 settembre (Basta con la dittatura del debito ma non si salva l’Europa con gli slogan a cura di Anais Ginori), «I debiti pubblici non sono più elevati che in America, nel Regno Unito o in Giappone. Solo qui, in Europa, abbiamo trasformato questa situazione in una situazione di crisi di sfiducia e stagnazione dell’economia […]. Nel mio libro dimostro che i fondamentali dell’Europa sono migliori di quel che pensiamo. I patrimoni e redditi non sono mai stati così alti. Anzi, sono aumentati in percentuale del Pil più che i debiti pubblici. Sono i nostri governi a essere poveri». Per Piketty non serve ridurre il debito con avanzi primari (per maggiore informazione vedi qui) esercizio lunghissimo e deprimente, in senso tecnico, per un Paese (aumento della tassazione e altro), ma un’unione dei bilanci dell’eurozona, magari iniziando da un gruppo di Paesi pilota: «Non potrà mai funzionare una moneta unica con 18 sistemi economici e sociali, 18 debiti pubblici e 18 tassi di interessi su cui i mercati possono speculare».

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