Iran: la ricerca di un compromesso
Tempo di lettura: 2 minutiPer quanto Trump sia contrario all’accordo sul nucleare iraniano sottoscritto da Obama, egli “non condivide né l’interesse dei falchi anti-Iran per un regime–change né il loro desiderio di rischiare una guerra per fermare la spinta di Teheran per l’egemonia regionale”. Così Johatan S. Tobin su Haaretz.
Per questo, mentre continua la sua politica di “massima pressione”, Trump sembra alla ricerca di un nuovo accordo con Teheran. Da qui l’incarico affidato a Rand Paul “di parlare con il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif per conoscere le prospettive di un negoziato bilaterale”. Incontro che sembra effettivamente avvenuto ai margini della recente sessione dell’Onu.
Per parte sua, continua Tobin, l’Iran finora sembra aver seguito i consigli di John Kerry e dei Paesi europei, che gli hanno suggerito di attendere il 2020 per poter dialogare con il futuro inquilino della Casa Bianca. Da qui la sua ferma richiesta di un ritorno al regime precedente, ovvero al trattato siglato con Obama.
Prospettiva alquanto rischiosa, dato che anche in Iran si è fatta strada l’idea che il tycoon prestato alla politica potrebbe essere rieletto.
Da qui un’attesa suicida, dato che la strategia della “massima pressione” morde a fondo l’economia e la società iraniana. A quanto pare, secondo Tobin, l’Iran ha dunque intrapreso una nuova via, accogliendo la possibilità di un nuovo accordo con l’attuale presidente.
Da qui la disponibilità di Teheran a fare concessioni, così che Trump nella prossima campagna elettorale potrà ostentare il successo di aver costretto l’Iran a un’intesa più stringente.
Ma le concessioni che Teheran sembra disposta a fare “non si avvicinerebbero al soddisfacimento dei desideri di Netanyahu e dei conservatori USA filo-israeliani riguardo l’Iran”.
Questi, infatti, vorrebbero costringere l’Iran “a porre fine ai finanziamenti al terrorismo”, ovvero a chiudere i rubinetti a Hezbollah e alle milizie sciite, e a “porre fine a tutti i loro programmi di sviluppo nucleare e missilistico”.
Concessioni impossibili per Teheran, che si troverebbe totalmente disarmata di fronte ai propri agguerriti avversari.
Secondo Tobin si va dunque su una strada diversa da quella percorsa finora, che ha visto un pericoloso muro contro muro. E però “qualsiasi nuovo accordo con l’Iran potrebbe rivelarsi un’amara delusione per Bolton e gli israeliani, per non parlare dei donatori e sostenitori ebrei ed evangelici di Trump”, finora entusiasti del presidente.
Detto questo, secondo Tobin, Trump non rischia di perdere consensi in tali ambiti, dal momento che essi non hanno alcuna alternativa. Considerazione più che interessante, dal momento che mette in evidenza come Trump non abbia da temere un allontanamento di tali elettori in vista delle prossime presidenziali. Cosa che lo aiuta a perseverare sulla strada intrapresa, nonostante i tanti venti di contrasto.
Ad oggi la crisi iraniana appare in stallo: nessuna nuova, buona nuova, dal momento che sotto l’apparente calma, evidentemente si stanno dipanando dialoghi sottotraccia.
Di oggi l’apertura di Teheran a Riad per bocca del ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, il quale ha dichiarato che il suo Paese “è pronto a parlare con l’Arabia Saudita“.
Teheran sta già dialogando nel segreto con gli Emirati Arabi Uniti, l’alleato regionale più importante di Riad.
Evidentemente all’interno di tali colloqui Teheran ha ricevuto qualche messaggio di apertura anche da parte saudita, che Zarif ha subito accolto e rilanciato. Vedremo.