2 Dicembre 2020

Israele. Cade il governo Netanyahu, vince Netanyahu...

Israele. Cade il governo Netanyahu, vince Netanyahu...
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Il leader di Blue & Withe Benny Gantz ha annunciato che voterà la mozione di sfiducia contro il governo presentata alla Knesset dalle opposizioni, mozione alla quale aveva già dato il suo assenso il partito laburista, partner del governo di Netanyahu insieme a Blue & Withe.

Cade, dunque, il governo di coalizione guidato da Netanyahu, che trova anche il voto di sfiducia del partito di ultra-destra Yamina.

Una sconfitta di Netanyahu e, insieme, forse la sua più grande vittoria. Ha fatto di tutto perché il governo cadesse prima del tempo, per evitare che arrivasse al secondo anno, quando, secondo gli accordi iniziali, avrebbe dovuto passare la mano a Gantz, che sarebbe così diventato il nuovo primo ministro di Israele.

Elezioni anticipate: la fine di Gantz

Tanti media israeliani avevano predetto che Netanyahu non sarebbe stato ai patti e avrebbe triturato l’ennesimo avversario, adottando una tattica già usata in precedenza: farlo salire sul suo carro per poi scaricarlo nella pattumiera della storia.

Potrebbe essere questa la fine di Gantz, che pure aveva conteso con Netanyahu alla pari per tre elezioni consecutive come leader dell’opposizione, posizione che ha abbandonato per andare a puntellare il governo in tempo di coronavirus. Ex generale, si è sentito in dovere di evitare al Paese la quarta elezione in piena pandemia.

Una decisione che ora fa di lui una sorta di paria, dato che non solo gli sarà impossibile, a meno di clamorose sorprese, riprendersi un ruolo ormai appannaggio di altri, ma anche i voti del passato, ché tanti suoi elettori si sono visti traditi.

Ma al di là del destino personale dell’ex generale, che forse potrà servire la causa in altri modi, ormai Israele è proiettata verso nuove elezioni. Chi le vincerà? Netanyahu dicono i sondaggi, anche se Yamina, è in forte ascesa. Da qui l’ipotesi di un governo delle sole destre guidato da Netanyahu…

L’accordo di Abramo e l’Arabia Saudita

Certo, ha attirato critiche la sua gestione del coronavirus, ma l’accordo di Abramo, che ha portato alcuni Paesi arabi a riconoscere Israele, lo ha reso vincente. L’intesa ha aperto porte che sembrava impossibile aprire e ha spalancato al Paese prospettive immani, data soprattutto la possibilità di interagire pubblicamente con la finanza islamica.

Gli manca solo il tassello Arabia Saudita, che ancora non ha riconosciuto Israele, ma arriverà presto. Sperava che ciò accadesse alcuni giorni fa, quando è volato a Riad insieme al suo ciondolino, il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, per  incontrarsi col principe ereditario Mohamed bin Salman.

Un visita che doveva restare segreta, un colloquio durato ore, hanno riferito fonti anonime. Il fatto che Netanyahu abbia deciso di intraprendere una visita tanto informale dice tanto della ritrosia del principe riguardo l’adesione.

Netanyahu sperava di spuntare il fatidico sì, da portare in dote a Israele prima della caduta del suo governo. Ma gli è andata male. Il premier israeliano ha cercato di convincere il principe a unirsi per far blocco contro Joe Biden, del quale teme in particolare l’approccio meno aggressivo verso l’Iran.

Poteva contare sul fatto che Biden, il probabile futuro inquilino della Casa Bianca, aveva espresso diverse riserve riguardo l’Arabia Saudita, sia per la guerra in Yemen che per l’uccisione del giornalista Jamal Ahmad Khashoggi, oppositore del regime e cronista del Washington Post.

Da qui la mano tesa, e interessata, di Netanyahu. Ma bin Salman sapeva perfettamente che il suo interlocutore, una volta passato all’incasso, non si sarebbe speso più di tanto in suo favore. E si sarebbe trovato solo a fronteggiare il vento gelido che spira dall’America.

Ha così preferito fare dei temi indicati da Biden l’oggetto di una trattativa bilaterale, nella speranza di stabilire un’intesa che gli consenta di conservare il potere e la successione a re Salman, prossimo a uscire di scena (Timesofisrael).

Passaggio a vuoto, dunque, quello di Netanyahu, che però è poca cosa, sia perché  il sì saudita arriverà comunque a breve, sia perché ritiene di avere ugualmente le prossime elezioni in tasca, potendo formare un governo con Yamina, che pur crescendo non arriverà a oscurare la sua stella.

La politica USA e il ricatto “Iran”

Mentre consuma i suoi piani interni, non molla la presa sull’Iran, che due giorni fa ha visto assassinato il responsabile del suo programma nucleare. Un modo per far aumentare le tensioni nella Regione e porre criticità al rientro degli Usa nell’accordo sul nucleare iraniano stracciato da Trump.

Nella certezza, peraltro, che Teheran non avrebbe risposto, dato che non vuole guastarsi i rapporti con Biden.

E però dopo l’omicidio, l’eventuale presidente Usa ha riaffermato la sua volontà nei confronti dell’Iran, evidenziando pervicacia e intelligenza. Ma non gli sarà facile essere conseguente.

Dal canto suo, Netanyahu userà anche questa determinazione di Washington in campagna elettorale, spaventando la destra col pericolo iraniano che Biden vorrebbe sdoganare.

Ma questo è il futuro, sul quale potrebbero pesare incognite che Netanyahu non sta mettendo in conto, come l’avversità che suscita la sua politica in taluni influenti ambiti della comunità ebraica Usa. E però, al di là delle incognite, tutte da verificare, oggi si può solo registrare l’ennesima vittoria di Bibi. il Mago ha colpito ancora.

N.b. È ovvio che le opposizioni sperano nelle incognite di cui alla nota e, in generale, nel nuovo vento che spira dall’America.. Ma la mozione di sfiducia ha il vago sapore di un suicidio assistito…

 

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