12 Giugno 2023

La guerra ucraina e la variabile Prigozhin

Prigozhin e Wallenstein. La guerra ucraina e la variabile Prigozhin
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Hanno fatto scalpore le aspre critiche del capo della milizia Wagner contro i vertici della Difesa russa. Con esse, Yevgeny Prigozhin ha assunto un ruolo tutto suo in questa guerra e non si capisce bene dove voglia andare a parare.

Un’analisi alquanto intelligente di un analista russo spiegava che anche la sua condotta in battaglia pone domande. In particolare perché si sia intestardito nell’assalto a Bakhmut, eludendo altre direttrici di attacco più promettenti e dove si era già arenata la prima offensiva russa.

Chi controlla la Difesa controllerà il Cremlino

E soprattutto perché, subito dopo aver conquistato la città, ha smobilitato i suoi uomini invece di sfruttare la vittoria, azzerandone di fatto il valore, rimasto solo simbolico (la vittoria di Prigozhin).

Prigozhin, secondo l’analista, starebbe giocando un gioco non solo suo. Sarebbe cioè la punta di lancia di ambiti russi che mirano a prendere il controllo della Difesa, obiettivo dichiarato delle intemerate del capo della Wagner.

La posta in gioco è alta, perché chi controlla la Difesa controllerà in futuro il Cremlino, verso il quale Prigozhin pure si dice obbediente, anche se in passato non l’ha esentato da critiche alzo zero, in particolare quando ha affermato che la guerra era persa, ponendo criticità al regno di Putin.

Tale intemerata, in particolare, fatta in costanza dell’annuncio del ritiro da Bakhmut, potrebbe far pensare a un tacito gioco di sponda con i nemici della Russia. Forse è esagerato, ma a pensar male a volte ci si azzecca.

L’analista russo non entra nei particolari, non dice cioè chi si celerebbe dietro Prigozhin, ma un’ipotesi si può avanzare e sono quegli ambiti liberal russi che da sempre si identificano in Dmitrij Medvedev, che attualmente è vice-presidente del Consiglio di Sicurezza russo.

Da sempre Putin ha un rapporto controverso con Medvedev, che gli successe nel 2008 alla guida della Russia, al quale rimproverò pubblicamente di aver votato a favore dell’intervento militare in Libia e che silurò nel 2020, togliendogli la poltrona di primo ministro per offrirla al più ignoto Mišustin.

Un rapporto controverso, appunto, dal momento che Putin si premurò di inserirlo nel Consiglio di Sicurezza, forse per controllarlo meglio, ma che lo zar ha sempre badato a non tagliare, perché Medvedev rappresenta ambiti a lui lontani e potenzialmente, e non solo potenzialmente, avversi.

Indizio di questa liaison tra Prigozhin  e Medvedev (e quanti rappresenta) è la trasformazione dell’ex presidente russo, che da quando è iniziata la guerra ha assunto le vesti, a lui aliene, di falco.

In tale veste ha iniziato a imperversare sui social media con dichiarazioni durissime e a volte allucinate contro Kiev e la NATO, diametralmente opposte a quelle più misurate del presidente russo. Dichiarazioni diuturne che gli hanno conferito una nuova e inusitata visibilità.

Certo, il duro controcanto di Medvedev fa il gioco di Putin, perché serve a inviare messaggi ai suoi nemici esterni, evidenziando che altri, al posto suo, avrebbero agito in maniera ben più dura nel ristretto ambito della guerra ucraina e nel più ampio confronto con l’Occidente.

Ma resta il mistero del perché il falco più aggressivo a volare sui cieli di Mosca sia appunto Medvedev, che ha un passato di colomba e un rapporto non sempre conflittuale con l’Occidente.

Prigozhin e Wallenstein

Ma al di là dell’ipotesi, è certo che Prigozhin non sia solo nella sua crociata contro la Difesa russa, da cui la sua forza. Ma qualcosa sembra essere cambiato. Il 3 giugno Putin ha dichiarato che è necessario “fare di tutto per impedire la destabilizzazione del paese“. Certo, il riferimento era agli attacchi ucraini in territorio russo, ma l’accenno sembrava a più ampio spettro.

Al di là delle interpretazioni. resta che ieri la Difesa russa ha deciso di mettere sotto contratto le formazioni militari di mercenari (oltre 40 in azione), con l’ovvio scopo di mettere sotto controllo la Wagner. Il primo a firmare il contratto è stato Kadyrov, alla guida della temutissima legione cecena.

Quel Kadyrov che in questi mesi si è guadagnato la fama di antagonista di Prigozhin, essendo più volte entrato in polemica con questi e richiamandolo spesso all’ordine. Prigozhin, invece, ha dichiarato che non avrebbe firmato, rimanendo nella sua posizione di netto contrasto con la Difesa.

Dopo la conquista di Bakhamut, Prigozhin ha ritirato la Wagner. E dal suo buen retiro attende gli sviluppi. Il niet alla contrattualizzazione con la Difesa ad oggi non è dirompente, ma lo potrebbe diventare. Scontro intestino aperto, dunque, che si interseca in maniera enigmatica con quello che si gioca al fronte.

Non sappiamo come andrà a finire, sappiamo però che c’è chi ha paragonato Prigozhin ad Albrecht von Wallenstein, il nobile boemo che si acquistò gloria durante la guerra dei trent’anni: “abile stratega e grande organizzatore, costituì e comandò un efficiente esercito di mercenari tedeschi” (wikipedia) che l’imperatore usò con efficacia contro i suoi tanti nemici.

Il Wallenstein ebbe tanti e tali successi da diventare indispensabile per le sorti dell’Impero. Nondimeno fece una brutta fine, ucciso in una congiura interna, gradita e forse – ma solo forse – ispirata dall’imperatore medesimo, agli occhi del quale avrebbe iniziato ad apparire inaffidabile.

Una pagina di storia che potrebbe ripetersi, ma Prigozhin e i suoi antagonisti hanno ancora tante carte coperte in mano, da cui l’impossibilità di prevedere gli sviluppi. Resta, però, il giro di vite. Possibile che Prigozhin  addivenga a più miti consigli.

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