10 Novembre 2015

La Wada, il doping e l'equilibrio mondiale

La Wada, il doping e l'equilibrio mondiale
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«Mancavano l’accusa di “doping di Stato” e la richiesta di cacciare la Russia dal paradiso a cinque cerchi per riportare le incerte lancette della nuova Guerra Fredda ancora più indietro nel tempo». Inizia così  un articolo di Vittorio Zucconi, pubblicato sulla Repubblica del 10 novembre, che analizza la questione della richiesta della Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, di sospendere la Russia dalle Olimpiadi a causa di un asserito doping massivo dei suoi atleti.

 

Dopo aver accennato al confronto globale che si sta sviluppando tra l’Occidente e la Russia di Putin, dalla guerra in Siria ai «boicottaggi commerciali», fino ad arrivare alla «sovrapproduzione deliberata del petrolio, per far crollare il prezzo del petrolio, fonte principale di ricchezza per i russi», Zucconi conclude che l’atto della Wada «diventa quindi involontariamente, ma inesorabilmente, un gesto politico».

 

Un’eventuale espulsione dei russi alle prossime competizioni olimpiche, infatti, a Mosca verrebbe considerato come «un affronto alla Russia intera che il piccolo zar non potrebbe tollerare per non incrinare la propria immagine». Se non un atto di guerra vero e proprio, «una sfida letale all’onore della patria» che andrebbe ad accrescere «la tensione globale». Un «insulto difficile da accettare per un pubblico russo convinto, come tanti, non a torto, che in materia di doping sportivo la discriminazione non sia fra chi si pompa o non si pompa. Ma tra chi viene scoperto e chi la fa franca […]. Alimenterebbe la sensazione che il mondo esterno, quello che sta oltre i confini occidentali, stia ricadendo nella dinamica politica del “containment” che guidò la strategia americana nel dopoguerra, del limitare e contenere le ambizioni e l’espansionismo di Mosca a ogni costo» (La guerra fredda delle medaglie).

 

Nota a margine. Analisi convincente, quella di Zucconi, che in parte fa il paio con quella sviluppata da Gianni Riotta sulla Stampa dello stesso giorno, anche lui preoccupato che la vicenda olimpica vada a intrecciarsi con il confronto globale tra Occidente e Russia.

 

Riotta si augura che la misura estrema del boicottaggio degli atleti russi sia evitata, che a Rio «sfilino tutte le bandiere di tutti i Paesi», chiedendo però ai russi «lealtà, trasparenza, accesso ai commissari internazionali e punizioni per i colpevoli» (Guerra Fredda al tempo del disordine).

 

C’è da ricordare che l’Olimpiade si accompagna a una speranza di pace, tanto che durante il suo svolgimento le guerre venivano sospese. Cosa che non è successa durante quelle di Sochi, l’Olimpiade al centro dell’inchiesta della Wada, durante le quali ebbe il suo acme la rivoluzione – o colpo di Stato – di piazza Maidan in Ucraina, che tanta destabilizzazione sta portando a livello planetario.

 

Sarebbe tragico che proprio una manifestazione nata all’insegna della pace sia occasione, all’opposto, di un nuovo confronto globale. Agente eccitante, doping appunto, dell’equilibrio mondiale.

Si può trovare una via di uscita da questa empasse. Sempre che la si voglia cercare.

 

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