21 Dicembre 2022

L'apparizione di Zelensky al Congresso USA

Copertine di Time per Zelensky e Vogue per Zelensky e moglie. L'apparizione di Zelensky al Congresso USA
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Zelensky vola negli Stati Uniti, il primo viaggio all’estero dall’inizio della guerra. Una visita che, secondo quanto riferisce Politico è dettata da due urgenze. Zelensky e i suoi più stretti alleati americani, neocon e falchi vari, teme che i finanziamenti Usa a Kiev si restringano, da cui una pressione ulteriore per scongiurare tale prospettiva. Inoltre, il presidente ucraino vuole tentare ancora una volta di ottenere armamenti a lungo raggio, così da poter colpire in profondità il territorio russo, cosa che la Casa Bianca finora ha negato.

Da parte sua Biden spera di ottenere da questa visita un notevole guadagno di immagine, che potrebbe forse rendere più credibile una sua eventuale ricandidatura, sulla quale sta indugiando.

Zelensky: bombardare la Russia (o della Terza guerra mondiale)

“Kiev – scrive Politico – ha fatto appello direttamente all’amministrazione Biden per avere armi più avanzate, armi che secondo loro potrebbero potenzialmente aprire la strada alla vittoria. Ma gli Stati Uniti esitano”.

Ma, “mentre l’amministrazione Biden ha promesso di continuare a sostenere Kiev a combattere le forze russe all’interno dell’Ucraina, i funzionari statunitensi si sono opposti a fornire risorse che possano consentire agli ucraini di lanciare missili a lungo raggio contro obiettivi russi all’interno della Russia – armi che, secondo gli ucraini, sono fondamentali per consentire loro di riconquistare il territorio perduto e costringere la Russia sulla difensiva”.

Infatti, “durante l’incontro tra Biden e e il suo team della Sicurezza nazionale, la delegazione ucraina dovrebbe presentare ancora una volta la richiesta per ottenere i sistemi missilistici tattici a lungo raggio, gli ATACMS, e i droni Grey Eagle e Reaper, secondo quanto riferito da una persona ben informata”.

Ma, osserva Politico, gli Usa “non sono pronti a muoversi. La Casa Bianca di Biden ha categoricamente rifiutato l’invio dell’ATACMS. I costi per farlo sono troppo alti, dicono i funzionari statunitensi. L’invio di missili a lungo raggio a Kiev, inoltre, potrebbe rischiare di provocare l’uso di armi potenzialmente ancora più letali da parte di Putin all’interno dell’Ucraina”. In realtà, l’obiezione della Casa Bianca è un’altra, ci permettiamo di correggere: se Kiev lancia missili americani su Mosca, questa non potrà non rispondere. Non solo in Ucraina… in pratica si sta chiedendo l’inizio della Terza guerra mondiale (come peraltro ha spesso ha ammonito, a tale proposito, Biden).

Per questo Zelensky si rivolgerà anche al Congresso, nella speranza che tale appello venga raccolto dai suoi ascoltatori, alcuni dei quali, i più falchi, da tempo hanno abbracciato in toto le sue posizioni e hanno fatto pressione sulla Casa Bianca perché concedesse quanto richiesto.

Non chiudere i rubinetti a Kiev

L’altro punto della questione riguarda il flusso di denaro che dalla Casa Bianca confluisce verso Kiev. Così Politico: “Sebbene l’amministrazione Biden non creda che gli aiuti cesseranno completamente, i suoi membri in privato confessano che esiste la preoccupazione che i finanziamenti probabilmente si ridurranno e subiranno un freno nei prossimi mesi”.

“Una visita di Zelenskyj, secondo essi, potrebbe rappresentare un baluardo a tale prospettiva. Anche perché Biden, più forte dopo una serie di successi al Congresso e le trionfali elezioni di midterm, sta spingendo per mettere l’Ucraina al centro della scena in questo fine anno”.

Tali, dunque, i due corni principali della visita. Interessante anche la conclusione dell’articolo: “C’erano state delle supposizioni sul fatto che i due capi di Stato si sarebbero incontrati prima, se il mese scorso Zelenskyy avesse partecipato al G-20 in Indonesia, ma quel viaggio non si è realizzato. Ma negli ultimi mesi ha preso piede un’altra idea per permettere a Biden di esprimere tutta la sua solidarietà all’improbabile leader ucraino in tempo di guerra: una visita a Washington”.

Dove quell’improbabile sembra riferirsi alla meraviglia per la trasformazione di un ex comico in guerriero, ma non sfugge a un sotteso irridente. Al di là dei giochi di parole, resta che l’apparizione di Zelensky al Congresso sarà celebrata come un momento alto della resistenza ucraina, sacralizzando ancor più la figura del presidente ucraino, che prima di volare negli Usa ha voluto calcare ancor più la sua maschera guerriera recandosi in visita a Bakhmut, dove più aspro è lo scontro con i russi e dove ha inviato due battaglioni della Azov (alle quali, gli Usa, a stare alla bozza della finanziaria del prossimo anno, non manderanno armi perché evidentemente ancora diffidano della loro natura neo-nazista).

Le apparizioni di Zelenky

Abbiamo definito il discorso al Congresso di Zelensky come un'”apparizione” non a caso: è il prodotto della traduzione automatica di Google di un titolo del New York Times. Non precisa per quanto riguarda l’italiano, ci è sembrata però alquanto precipua.

In effetti, in questi mesi, la moltitudine di interventi del presidente ucraino ha avuto tale accento, una sorta di madonna pellegrina (il minuscolo è voluto, per non confondere sacro e profano) la cui missione è quella di attirare sulle sofferenze del popolo ucraino l’attenzione dei cuori induriti del mondo (insieme ad armi e finanziamenti).

Tale sacralità, consacrata dalla celebrazione del Time come uomo dell’anno, sarà ancor più rafforzata dall’apparizione congressuale. Un Credo strano quello del quale Zelensky è stato fatto sommo pontefice, che fonda il suo successo terreno su soldi e armi. E che ha nella pace, pur brandita per motivi di opportunità, un disvalore, mentre nemici sono considerati quanti sperano e tentano di adoperarsi in tal senso.

Così ad apparire al Congresso Usa sarà un dio guerriero, anche se improbabile, costruito e sostenuto dai neoconservatori e dai liberal statunitensi, che nella Forza hanno riposto tutta la loro speranza per perpetuare il loro ferreo predominio nell’Impero e conservare il primato assoluto dell’Impero stesso nel mondo.

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