20 Marzo 2023

L'Arabia Saudita invita il presidente iraniano e Assad vola negli Emirati

Il presidente siriano Assad durante la sue visita negli EAU. L'Arabia Saudita invita il presidente iraniano e Assad vola negli Emirati
Tempo di lettura: 2 minuti

“In una lettera all’ayatollah Raisi, Sua Eccellenza Salman bin Abdulaziz, re dell’Arabia Saudita, accogliendo con favore l’accordo tra i due Paesi fratelli, lo ha invitato a compiere una visita ufficiale a Riyad e ha chiesto il rafforzamento della cooperazione economica e regionale. Accogliendo favorevolmente questo invito, il presidente [iraniano] ha sottolineato la disponibilità dell’Iran a rafforzare la cooperazione”. Questo il tweet di Mohammad Jamshidi, vice-capo dell’ufficio affari politici del presidente iraniano, che ha fatto il giro del mondo.

Buone nuove

Il processo di riconciliazione tra i due Paesi, avviato dalla Cina, corre a una velocità impensabile. Buone notizie per il mondo. Come una buona notizia è la visita di Assad negli Emirati Arabi Uniti,

Non è la prima volta che il presidente siriano si reca negli Emirati: in questo Paese ebbe luogo la sua prima visita di Stato in un paese arabo dall’inizio del regime-change siriano (2011), ma quella volta fu diverso, dal momento che era a un livello più basso e peraltro non risultava un incontro con il re.

Stavolta, invece, è stato diverso. Così la Reuters: i media degli Emirati “hanno dato notizia che domenica [Assad] è stato accolto dal presidente Sheikh Mohammed bin Zayed al-Nahyan al suo arrivo ad Abu Dhabi e ha ricevuto il saluto ufficiale quando il suo convoglio è entrato nel palazzo reale”, dove si è incontrato con re Mohammed bin Zayed.

I malumori di Washington

All’epoca della sua prima visita negli Emirati, gli Stati Uniti, per bocca del portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price, si dichiararono  “profondamente delusi e turbati da questo tentativo di legittimare Bashar al-Assad”, sul quale, secondo Washington graverebbe la responsabilità del massacro dei siriani durante la guerra civile.

In realtà, il presidente siriano ha semplicemente resistito a un tentativo di regime-change alimentato dall’Occidente e dai suoi alleati mediorientali (Turchia, Emirati e Arabia Saudita), che hanno inviati nel Paese le feroci milizie jihadiste, addestrate e lautamente finanziate a tale scopo.

Al di là degli umori di Washington, è chiaro che il Medio oriente corre in direzioni che essa non riesce più a controllare. E tale corsa sta portando frutti di de-escalation, nel tentativo di ristabilire un ordine infranto in modo tragico dal caos creativo scatenato nella regione dalle follie dei neoconservatori, secondo i quali tale caos avrebbe ridisegnato un nuovo Medio oriente, in linea con i loro progetti.

 

 

Mondo
22 Luglio 2024
Ucraina: il realismo di Haass