16 Dicembre 2021

Nucleare iraniano: il dialogo necessario per evitare la guerra

Nucleare iraniano: il dialogo necessario per evitare la guerra
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Mentre a Vienna proseguono le trattative per ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA), The Joint Comprehensive Plan of Action), il governo israeliano sta facendo pressioni sugli Stati Uniti perché non si accordi, anzi la invita a prendere misure più severe contro Teheran, compreso un attacco preventivo. Ne riferiscono tanti media, tra cui l’americano Responsibile Statecraft, in una nota di Annelle Sheline e Bruce Riedel dal titolo: “Perché bombardare l’Iran è (ancora) una cattiva idea?”.

Il più grande errore di Israele

Dopo aver spiegato che la spinta per far fallire i negoziati e aggravare la pressione sull’Iran non può che portare a una guerra, Sheline e Riedel scrivono: “Il generale israeliano in pensione Isaac Ben Israel ha dichiarato a Bloomberg che ‘gli sforzi di Netanyahu per persuadere l’amministrazione Trump a rinunciare all’accordo nucleare si sono rivelati il ​​peggior errore strategico nella storia di Israele’“.

“Con questa dichiarazione, Ben Israel ha ammesso che non solo Israele ha minato la propria sicurezza spingendo Trump a rinnegare il JCPOA, ma anche che Israele ha minato la sicurezza dell’America, poiché entrambi i paesi condividono l’interesse a impedire all’Iran di acquisire un’arma nucleare”.

“Tale comportamento è inaccettabile da parte di un partner. Sfortunatamente, l’attuale primo ministro israeliano Naftali Bennett nei confronti dell’Iran sta seguendo più o meno la stessa linea del suo predecessore, e rivale politico, Benjamin Netanyahu”.

Quindi gli autori della nota analizzano la possibilità di una guerra in Iran come un vero e proprio inferno che inghiottirebbe tutto il Medio oriente, riprendendo, a tale proposito, l’ironica battuta dell’analista Kenneth Pollack: “Se ti è piaciuta la guerra in Iraq, adorerai la guerra in Iran”, che sintetizza tale tragico sviluppo. L’Iran perderebbe la guerra, ovvio, ma la lunga lotta contro la resistenza sarebbe devastante per Israele, per la regione, per l’America e per il mondo.

Quindi, dopo aver spiegato che non è la prima volta che Israele spinge per innescare un conflitto, annota un’ovvietà che pure resta indicibile (almeno dai media mainstream), cioè che “l’Iran non rappresenta un rischio esistenziale per Israele. Teheran è ben consapevole del fatto che Israele ha il proprio arsenale nucleare che può essere utilizzato da aerei di fabbricazione americana, missili francesi e sottomarini di fabbricazione tedesca“.

Non entrare in un vicolo cieco

L’America, prosegue la nota, deve “evitare di entrare in un vicolo cieco in cui le uniche due scelte sono non fare nulla o andare in guerra. Gli interessi degli Stati Uniti sarebbero perseguiti in maniera migliore impegnandosi in una discussione razionale sulle questioni che ci dividono dall’Iran piuttosto che minacciando che se Teheran non si conformerà a un accordo che abbiamo violato noi ci saranno pesanti conseguenze. Inoltre, Washington dovrebbe anche essere chiaro con Tel Aviv sul fatto che un attacco israeliano contro l’Iran o obiettivi iraniani avrebbe serie implicazioni negative sulle relazioni USA-Israele”.

E conclude: “L’amministrazione Trump, istigata da Netanyahu, ha commesso un errore enorme violando il JCPOA. Ha distrutto un iniziale dialogo tra Stati Uniti e Iran, che offriva opportunità per una distensione regionale e ha dato all’Iran una scusa per riavviare parti del suo programma nucleare che il JCPOA aveva bloccato” (ma recentemente, come annota anche RS, il capo della Cia, William Burns ha detto che l’Iran è ancora distante dalla possibilità di costruire una bomba atomica).

La violazione del JPCOA, spiega ancora la nota, “ha inoltre suscitato legittime preoccupazioni sulla buona fede dell’America riguardo i suoi impegni internazionali. Le conseguenze di questa violazione ora si sono ritorte contro di noi e tornano a perseguitarci. È tempo di aprire un dialogo onesto e ponderato tra noi e i nostri partner, evitando minacce roboanti che rischiano di avere conseguenze pericolose”.

L’assassinio del generale Soleimani

Una nota a margine a questa controversia sembra si possa dedicare a un accadimento che ha segnato il punto più acuto dello scontro tra Stati Uniti e Iran e che per poco non ha avviato un conflitto tra le due nazioni. Si tratta dell’omicidio del generale Qassem Suleimani, capo dei Guardiani della rivoluzione, avvenuto in Iraq nel gennaio del 2020.

L’assassinio fu ordinato dal presidente Trump e allora si attirò la condanna di mezzo mondo, compresa quella molto più che simbolica di uno dei giudici che officiarono il processo di Norimberga contro i nazisti (New York Times), e suscitarono altrettanto gaudio tra i tanti che reputano l’Iran una sorta di Stato terrorista.

In una nota odierna, Axios rivela parte del contenuto di un libro-intervista a Trump, che spiega come il presidente americano nell’occasione si sia adirato con il governo israeliano per il suo ruolo in quella oscura pagina di cronaca nera: “Non posso parlare di questa storia. Ma ero molto deluso dal fatto che Israele avesse a che fare con quella vicenda. … La gente ne sentirà parlare al momento giusto”. Frase sibillina, che sembra adombrare la possibilità che Trump sia stato ingannato. Ma è probabile che la verità sul retroscena di quell’assassinio non si saprà mai.

 

 

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