5 Settembre 2025

SCO: il gasdotto Cina-Russia e il sorriso del signor Cai Qi

di Davide Malacaria
SCO: il gasdotto Cina-Russia e il sorriso del signor Cai Qi
Tempo di lettura: 4 minuti

Il summit di Tianjin, in Cina, al quale sono convenuti i Paesi aderenti alla Shanghai Cooperation Organization, Paesi osservatori e semplici ospiti – tra i quali spiccava il presidente slovacco Robert Fico – non è stato solo il consolidarsi dell’Asse del Sud del mondo, formula semplicistica usata da tanto mainstream, ma il più deciso palesarsi del futuro del pianeta.

Prospettiva ad oggi inevitabile, a meno di una guerra termonucleare che l’arresti, incenerendo ovviamente con questa il mondo intero. Infatti, il baricentro economico-finanziario del pianeta si è ormai spostato in Asia e anche lo sviluppo tecnologico, a tutti i livelli (armamenti compresi), è ormai più appannaggio dell’Oriente che dell’Occidente, o quantomeno, se si vuol essere eccessivamente prudenti, si situa su un piano paritetico.

Inutile discettare sul multipolarismo, la crescita dei Brics e altro, temi sui quali sono stati spesi fiumi di inchiostro, come anche sulla forza dispiegata dalla Cina in occasione della parata per la vittoria della Seconda guerra mondiale.

Più interessante il ruolo svolto dal Primo ministro indiano Narendra Modi in questo vertice, che già solo la presenza basta, dal momento che da sei anni l’India aveva rotto i ponti con Pechino aggregandosi alla crociata anti-cinese indetta dall’Occidente. Rottura generata da una controversia di confine tra i due giganti asiatici e dalla pressione anglosassone per farne il pilastro della strategia di contenimento del Dragone.

L’importanza che la Cina ha conferito alla presenza dell’India è rivelata, oltre che dalle dichiarazioni di Xi Jinping e Modi, i quali hanno dichiarato che i loro Paesi sono “partner in via di sviluppo e non rivali“, anche da due particolari, sottolineati dalla stampa indiana.

A Modi, rendiconta il Times of India, Pechino ha dato in dotazione la “Hongqi L5, l’auto di punta dello Stato, che è anche l’auto preferita del presidente Xi Jinping”, il quale l’ha usata durante la sua visita in India del 2019.

“La Hogqi, che in mandarino significa ‘Bandiera rossa’, in Cina è considerata un simbolo nazionale.Tradizionalmente riservata ai vertici dell’alta dirigenza e a personalità straniere selezionate, l’auto porta ha una tradizione che va oltre il lusso e il design, incarnando l’orgoglio nazionale. Fornire a Modi una Hongqi per la visita è stato un gesto diplomatico significativo, un segno di rispetto da parte di Pechino”.

Un cenno ancora più significativo lo si ritrova sull’Hindustan Times a proposito del signor Cai Qi, figura ignota ai più: “Nei circoli di potere del Partito comunista cinese è conosciuto come l’uomo che non sorride mai. Noto come il braccio destro del presidente cinese Xi Jinping, Cai Qi è l’uomo più ricercato dai diplomatici stranieri a Pechino, quanto irraggiungibile per la maggior parte di essi. Eppure, il presidente Xi gli ha chiesto di incontrare il primo ministro Narendra Modi per parlare dei rapporti tra India e Cina, innescando letteralmente un terremoto diplomatico a Tianjin”.

“Cai, che ricopre molteplici incarichi nel PCC ed è un uomo temuto a Pechino, ha incontrato il Primo Ministro Modi per oltre 45 minuti, dilagando con questi su come normalizzare i rapporti tra i due giganti asiatici. E ha sorriso”.

En passant, si può ricordare come al summit fosse presente anche Shehbaz Sharif, Primo ministro del Pakistan, Paese strettamente legato alla Cina che da tempo è ingaggiato un duello alzo zero con l’India: presenza significativa proprio per questo, dal momento che il ritorvarsi nella stessa assise dei due rivali suscita speranze di distensione.

Registrando come allo SCO il feeling di lunga data tra Putin e Modi, cioè tra Russia e India, si sia ulteriormente rafforzato, con New Dehli che comprerà ancora più petrolio da Mosca nonostante gli irosi dazi americani – sciocco sperare di piegare con simili iniziative una civiltà millenaria quanto orgogliosa – Sharif ha detto di non essere geloso di tale rapporto e che avrebbe voluto anch’egli un rapporto simile. Detto fatto: Putin l’ha invitato in Russia per il prossimo novembre (peraltro, tanti hanno commentato con umorismo non sarcastico la scena in cui lo zar lo aiuta a mettere le cuffie).

Inutile soffermarsi eccessivamente sulle altre cose accadute allo SCO, tutte note, tra le quali i rinnovati legami tra Iran, Russia e Cina, presente il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, tema sul quale torneremo.

Un cenno dovuto va fatto, invece, al lancio del Power Siberia II, il nuovo gasdotto che porterà miliardi di metri cubi di gas russo alla Cina attraverso la Mongolia (che in tal modo si allineerà stabilmente alle due potenze, nonostante le manovre occidentali per sfilarla dall’inevitabile abbraccio).

Il nuovo gasdotto, che si affianca al Power Siberia I (che sarà anch’esso potenziato), non è solo un accordo energetico di enorme rilevanza, ma segna un altro spostamento tettonico di rilevanza primaria della geopolitica globale.

Se da una parte, come hanno osservato tanti, è una presa d’atto della distanza che ormai separa Mosca dall’Europa (che, dismesso il gas russo, sarà costretta a comprare il più costoso gas made in Usa), rappresenta anche altro, la realizzazione di un cordone ombelicale irrevocabile tra i due Paesi che pone definitivamente fine alle fantasie, che tali erano, di poter sfilare la Russia dalla Cina per concentrare il fuoco su Pechino.

Un sogno accarezzato da tempo dagli strateghi americani di stampo più realista, che hanno in Kissinger il loro nume tutelare, e tornato in voga grazie ad analisti, o pseudo tali, che l’hanno resuscitato per spiegare il senso di Trump per la Russia. Non era mai stato realistico, data la situazione del mondo, ed è stato definitivamente sotterrato.

Se la politica estera di Trump verso Putin avrà un esito sarà quello di trovare, con lo zar e Xi, un modo per contenere le spinte destabilizzatrici globali in un’intesa tripartita in stile Yalta. Nulla di più. Ma neanche nulla di meno.

 

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