Ucraina. I missili dei volenterosi e lo sguardo al cielo di Trump e Putin

L’ennesima riunione dei volenterosi ha visto l’ennesimo tentativo della Gran Bretagna di scatenare la guerra termonucleare, ché questo implica l’invio di missili a lungo raggio all’Ucraina annunciato dallo stolido Keir Starmer. Ed è questa la vera notizia post summit, al di là della più publicizzata news sull’intesa trovata tra 26 Paesi per fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina, che prenderebbero la forma di un contingente militare.
Opzione quest’ultima, alla quale Putin ha reagito dichiarando che tali forze sarebbero obiettivi legittimi per i russi. In realtà, la coalizione suddetta, al di là dei proclami, non ha specificato come sarebbe composta tale forza, con il Cancelliere Merz che si è defilato, spiegando che la Germania deciderà in base a quel che faranno gli Stati Uniti, seguendo così le mosse della Polonia, che ha ribadito il rifiuto a inviare i suoi soldati (ah sì, anche l’Italia non procederà, ma conta nulla)
Di fatto, senza Germania e Polonia, e soprattutto senza quest’ultima che ha l’esercito più agguerrito del gruppo, il cerino rimane in mano a Francia e Gran Bretagna (con quest’ultima pronta a sfilarsi come al solito), che dovrebbero inviare il grosso di tale schieramento al quale si aggregherebbero fantaccini inviati da Paesi il cui peso militare specifico è alquanto scarso.
Con gli Stati Uniti che ondeggiano tra disimpegno e impegno simbolico – non metteranno stivali a terra, hanno chiarito – tale determinazione non sembra avere molta sostanza. Altro è, invece, se davvero questi Paesi decidessero di inviare missili a lungo raggio per convincere Putin a fare la pace, come da motivazione addotta da Starmer.
Quando fu l’America a compiere tale passo, non fu senza un dialogo sottotraccia con la Russia, che aveva ben compreso come Biden fosse stato forzato a dare tale autorizzazione, negata in più occasioni in precedenza (dopo tante pressioni, decisiva fu l’allusiva minaccia di Zelensky, in un’intervista al New York Times, di denunciare pubblicamente il via libera di Biden all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, cosa peraltro accaduta; sul punto rimandiamo a un approfondimento di Piccolenote).
Dal momento che sia l’amministrazione Usa – la parte fedele a Biden – sia la Russia volevano evitare un’escalation incontrollata, e non potendo il presidente Usa ritrattare la decisione, si decise sottotraccia per un impiego limitato dei missili Usa. E, in effetti, l’uso di tali vettori contro il territorio russo fu alquanto ristretto, non provocando, di fatto, alcun danno significativo o strategico tale da innescare l’inevitabile reazione e il conseguente Armageddon.
Non sarà così se a essere impiegati saranno i missili a lungo raggio dichiaratamente britannici o tedeschi – in realtà, già ne hanno fornito sottobanco alcuni, spacciati come produzione ucraina – dal momento che Londra, in combinato disposto con i neocon Usa, da tempo cerca di trascinare la Nato in questa guerra, e i missili verrebbero puntati su obiettivi potenzialmente in grado da innescare la reazione nemica (Mosca, i siti nucleari etc).
Consapevole di tale scenario, la Russia potrebbe essere costretta a rispondere al di fuori del limitato teatro di guerra ucraino, come peraltro dichiarato apertamente da Putin al tempo. L’idea che sia l’Ucraina che Londra, che gestisce tanta parte del potere di Kiev, stiano tentando in tutti i modi di ampliare il conflitto, anche a costo che s’innalzi a livello nucleare, non appartiene solo alle denunce russe.
Infatti, l’ex presidente polacco Andrzej Duda ha detto apertamente che Zelensky ha tentato in vari modi di trascinare la Polonia nel conflitto – un Paese Nato, da cui l’obbligo della difesa collettiva – mentre l’ex premier britannica Liz Truss, parlando del conflitto ucraino, disse pubblicamente di essere “pronta a usare le armi nucleari anche se ciò significa l’annientamento globale”.
Non si trattava certo un’idea partorita dalla mente della povera Truss. In realtà l’allora aspirante premier non aveva fatto altro che dare voce al sentiment dello Stato profondo britannico nei riguardi del conflitto ucraino.
Infatti, per tale ambito la guerra ha assunto un carattere esistenziale tale che deve proseguire, sia perché sta devastando la Ue, concorrente politico-economico-finanziario diretto nell’agone globale, sia perché spera che l’acceso antagonismo Oriente-Occidente apra spazi di manovra per consolidare e ampliare l’anglosfera, su cui Londra ha puntato, con azzardo, tutto il suo futuro geopolitico.
La realizzazione o meno di questo folle proposito sui missili a lungo raggio, che potrebbe attirare legittimamente qualche non intercettabile Oreshink su Londra, si gioca molto sulla possibilità di un supporto d’oltreoceano (sul quale Londra conta in forza dell’articolo 5 della Nato e per l’appoggio dei liberal-neocon) sia come deterrenza che come eventuale ingaggio diretto.
Al di là che in America c’è già chi ritiene non vincolante l’articolo 5 e, purtroppo per Londra, anche nell’entourage di Trump, l’aspetto più simpatico dell’ennesima assise dei volenterosi è stata la conclusione, con gli scolari a contattare Trump per raccontargli quanto avevano deciso (e dire che era presente anche l’inviato statunitense Steve Witkoff, particolare che rendeva la chiamata inutile, così da apparire una mera ruffianeria).
Il resoconto della conversazione è sui media, inutile dilungarsi. Resta che, al netto della stessa, Trump ha subito postato sui social una foto che lo immortala insieme a Putin in Alaska mentre guardano il cielo. Poco dopo, è arrivato l’annuncio di un prossimo contatto con lo zar… risposta eloquente. E la CNN ha titolato così una nota: “Trump e Putin accusano entrambi l’Europa” per lo stallo del processo di pace…
Difficile immaginare soluzioni a breve, troppe le turbolenze. Resta che Putin, nelle sue recenti dichiarazioni, ha accennato di “intravedere una luce in fondo al tunnel”. Avevamo recepito il cenno come significativo e ci è stato confermato dalle dichiarazioni del portavoce del Cremlino Dmitrj Peskov che l’ha voluto sottolineare. Non resta che aspettare, magari guardando il cielo.
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