21 Settembre 2015

Stiamo ancora scontando la seconda guerra del Golfo

Stiamo ancora scontando la seconda guerra del Golfo
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George W. Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld

C’è una relazione tra la prima guerra del Golfo e la caduta dell’Urss? È la domanda alla quale risponde Sergio Romano nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera, del 21 settembre spiegando che in effetti, ai tempi della prima guerra del Golfo, Mickhail Gorbaciov era «totalmente assorbito» dalle questioni interne per poter attutire la spinta bellica Usa, «dovuta in buona parte alle pressioni del premier britannico, Margaret Thatcher, sul presidente degli Stati Uniti». Gorbaciov tentò di mediare, ma Saddam Hussein era «testardamente convinto che gli americani, dopo la brutta esperienza vietnamita, non si sarebbero spinti all’intervento».

 

E intervento fu. E però Romano ricorda che Bush senior «non volle stravincere. Accettò la richiesta di armistizio, arrestò l’avanzata delle due truppe e si spinse sino ad aiutare indirettamente Saddam quando il leader iracheno dovette far fronte a una rivolta della popolazione sciita […] Se avesse occupato Bagdad e cacciato o catturato Saddam, avrebbe dato a Mosca un segnale inquietante sulle reali intenzioni degli Stati Uniti nella regione».

E conclude: «Ignorare le sensibilità e le preoccupazioni di un’altra grande potenza è un pessimo investimento per il futuro. Bush il giovane, invece, ha fatto esattamente il contrario; e non abbiamo ancora smesso di pagare il conto dei suoi errori. I guai nel mondo non cominciano con la prima Guerra del Golfo, ma con la seconda».

 

Nota a margine. Analisi al solito lucida quella di Romano, che mette a confronto la realpolitik di Bush senior, ma anche il ruolo della Thatcher in quella guerra, con la follia di Bush junior, spinto a sua volta dai neocon (o teocon). L’accenno al “peccato originale” della seconda guerra del Golfo, apportatrice di destabilizzazione globale, coglie il punto essenziale del momento di transizione che stiamo vivendo.