27 Settembre 2018

Trump all'Onu

Trump all'Onu
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Trump ha scelto le Nazioni Unite per rilanciare la sua prospettiva anti-globalista.  Nemici esistenziali Cina e Unione europea, nuovi motori della globalizzazione dopo la (parziale) retromarcia Usa.

Globalizzazione e America First

Alcuni hanno fatto notare che la prospettiva di Trump mina l’ordine internazionale costruito nel dopoguerra, che ha garantito relativa pace e prosperità.

In realtà tale ordine è stato distrutto proprio dalla globalizzazione, che è stata non un semplice superamento di Yalta, ma la sua demolizione.

Il nuovo ordine ha portato nel mondo un Credo fondato dalla destabilizzazione permanente,  necessaria ad alimentare un sistema governato da un’élite finanziaria senza volto.

Anche l’America First di Trump produce conflittualità, stante che affinché gli Usa conservino il primato internazionale è necessario che la Cina sia ridimensionata e  gli Stati europei tornino a essere clienti degli Usa.

Ma si tratta di usuali conflittualità geopolitiche, non prodotte da necessità esoteriche.

Detto questo, anche il sovranismo, termine che identifica la prospettiva di Trump, può conoscere manifestazioni esoteriche proprie di certo fascismo storico.

Ad oggi tali derive appaiono limitate. Da vedere se resterà così in caso di vittoria.

Ma il gioco di additare il pericolo fascista per contrapporvi la libertà garantita dal sistema esistente è strumentale.

Se per fascismo si intende il governo di un’élite non eletta, insindacabile e irrevocabile, che ha in spregio la democrazia e la libertà, la globalizzazione è essenzialmente fascista.

Insomma, tante le incognite sul tema, ma il fatto che si sia aperta una prospettiva nuova è positivo.

Il discorso di Trump ha suscitato reazioni. Emmanuel Macron si è fatto promotore di un Manifesto anti-populista che attrae consensi.

Tale iniziativa non stupisce: il presidente francese ha legami antichi e accettati con la Famiglia Rothschild (Reuters).

E alcuni mesi fa, Lord Jacob Rothschild si fatto portavoce della preoccupazione che suscita il populismo di Trump (Piccolenote).

Una chiamata alle armi, alla quale il ragazzo di bottega che siede all’Eliseo ha dato seguito senza indugi.

Le aperture di Trump

A margine di questa disfida epocale, nel suo discorso all’Onu Trump ha toccato anche criticità minori, ma non per questo irrilevanti.

Interessante l’accenno agli sviluppi positivi del dialogo con la Corea del Nord, e sul punto, a sorpresa, ha voluto lodare l’impegno della Cina.

Come interessante appare il fatto che l’ormai usuale tirata anti-iraniana sia stata preceduta da un tweet in cui ha elogiato il presidente Rouhani.

È evidente che Trump non vuole tale confronto, come è evidente che non ha la forza di contrapporsi a quanti spingono in tal senso.

Ma se oggi deve soggiacere a tale pressione non è detto che in futuro, a quadro nazionale o internazionale mutato, possa mutare linea.

A margine del suo intervento, il presidente americano ha parlato anche del rapporto Israele-Palestina, riproponendo la soluzione dei due Stati con una convinzione prima ignota. Può essere un gioco di specchi, ma anche no.

Interessante, infine, il fatto che non abbia criticato la Russia. Nonostante le forti pressioni anti-russe, Trump non demorde dall’idea di stabilire buoni rapporti con Putin.

Tale determinazione ha varie motivazioni. Una di queste partecipa della disfida trumpiana con la globalizzazione: lo zar, seppur alleato della Cina, ha anteposto le ragioni della Russia a quelle della globalizzazione ben prima che Trump fosse.

Si può dire che senza il niet di Putin la globalizzazione avrebbe dilagato in tutto il mondo, prendendo tanto vigore da rendere impossibile la nascita di forze critiche al sistema, in Occidente come altrove. Anche per questo è così odiato.

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