4 Agosto 2025

Witkoff a Gaza e in Russia: nuove finestre per la diplomazia

di Davide Malacaria
Witkoff a Gaza e in Russia: nuove finestre per la diplomazia
Tempo di lettura: 4 minuti

La visita di Steve Witkoff in Israele e a Gaza, dove ha visitato un cosiddetto centro di soccorso gestito dalla famigerata Gaza Humanitarian Foundation, ha avuto due scopi, quello pubblico, cioè di verificare le modalità di distribuzione degli aiuti per riferirne a Trump e, in teoria, elaborarne una più efficace, e quello meno pubblico di rilanciare la diplomazia tra Israele e Hamas.

In realtà, era quest’ultimo lo scopo della viaggio, dal momento che la visita a Gaza era del tutto inutile, solo una copertura. Le informazioni sulla fame di Gaza e sulle stragi diuturne dei poveretti che chiedono aiuto si trovano in abbondanza su internet e l’intelligence Usa ne ha di ancora più approfondite.

Così la visita al centro di aiuti si è consumata in modalità farsesca, una farsa invero macabra, con i richiedenti aiuto del sito visitato accuratamente selezionati tra gli uomini di Yasser Abu Shabab, a capo di una banda dell’Isis che Israele ha ingaggiato per contrastare Hamas e che proprio in quei giorni vergava un articolo sul Wall Street Journal sul futuro della Striscia…

‘Ludicrous spectacle’: Israeli army stages ‘propaganda display’ during US envoy's visit to GHF site

Witkoff si è prestato alla messinscena e gli hanno anche fatto ripetere il mantra della propaganda israeliana, cioè che a “Gaza non c’è fame”, dichiarazione ripresa da diversi media italiani ma che non abbiamo rinvenuto né sui media israeliani, i più interessati a rilanciarla, né sui più importanti media arabi, i più interessati a deprecarla (insomma, non ci risulta che l’abbia detta, ma attendiamo conferme o smentite).

I media arabi e israeliani che abbiamo letto, infatti, e non sono pochi, si sono limitati a riportare che riferirà a Trump. Ma, come spiegato in esergo, non è di questo che dovrà riferire, quanto del colloquio con Netanyahu, col quale ha parlato di una nuova proposta per il cessate il fuoco che segnala un cambio di paradigma dell’amministrazione Trump.

Gli esiti di questo colloquio sono riportati da Axios: gli Usa hanno predisposto un nuovo piano per il cessate il fuoco che non prevede più una tregua di 60 giorni in cambio della liberazione di 10 ostaggi israeliani e la restituzione dei corpi di alcuni di essi defunti – pausa durante la quale le parti dovrebbero trovare un accordo per una pace duratura – ma prevede, da subito, un accordo globale: tutti liberi subito in cambio di una tregua duratura.

"No piecemeal deals": Witkoff tells hostage families Trump wants full Gaza agreement

Nello specifico, intervenendo a un incontro con le famiglie degli ostaggi, Witkoff ha detto che Trump ha ormai messo da parte la proposta di Netanyahu, fatta propria in precedenza, di un accordo “incompleto” perché “non funziona”, e ne sta preparando uno globale, che porti alla liberazione di tutti gli ostaggi e alla fine delle ostilità. Parlando ai presenti, ha aggiunto di essere fiducioso nel “successo” di tale piano (cosa già sentita altre volte, purtroppo).

Netanyahu avrebbe dato il suo placet, anche se, come avvertono in tanti, è una condiscendenza aleatoria che può diventare concreta solo se la pressione Usa si farà sentire realmente – poche le speranze in tal senso – o diverrà insostenibile il logoramento dell’esercito israeliano, oltre che per altri fattori interni ed esterni, tra cui la paura di Trump per il danno alla propria immagine se la carestia indotta nella Striscia continuerà il suo orribile suo corso e si farà ecatombe.

La rinnovata spinta diplomatica si è accompagnata, non certo a caso, con la presa di posizione di 18 ex alti funzionari di Israele – capi di Agenzie di sicurezza come Mossad e Shin Bet e figure apicali dell’esercito e della polizia – i quali hanno chiesto di porre fine all’invasione di Gaza perché senza scopo, senza senso e ormai solo deleteria per Israele (a proposito di logoramento).

Detto questo due notazioni. La prima è che il piano Usa è partito con il piede sbagliato, con Hamas che ha subito smentito l’affermazione di Witkoff secondo il quale la milizia palestinese avrebbe accettato di disarmarsi. Non lo farà finché non ci sarà uno Stato della Palestina, hanno dichiarato.

La seconda annotazione riguarda il viaggio che Witkoff si appresta a fare a Mosca, dove arriverà a metà settimana. Certo, con i russi dialogherà della guerra ucraina, com’è ovvio che sia e perché si avvicina la scadenza dell’ultimatum comunicato a Mosca, alla quale Trump ha dato pochi giorni per adire a una pace con Kiev altrimenti, ha minacciato, si produrrà in un approccio più aggressivo.

Ma, di certo, con Putin Witkoff parlerà anche della Palestina, ché anche per quella regione sono giorni cruciali a motivo del rinnovato impulso diplomatico. Come abbiamo accennato altre volte, le due criticità vanno di pari passo, come anche le tempistiche che riguardano le aperture di spazi per la diplomazia.

Nel chiudere, un accenno rivelatore: il presidente della Camera Usa, il repubblicano Mike Johnson, insieme ad altri quattro deputati del suo partito, tre del Texas e Claudia Tenney, deputata di New York a capo dell’Istituto Amici della Giudea e della Samaria del Congresso, si è recato in Israele per una lunga visita privata che durerà fino al 10 agosto.

La visita è stata organizzata da Heather Johnston, fondatrice della US Israel Education Association, rivela Axios. I cinque ieri si sono recati presso una colonia israeliana in Cisgiordania… Le pressioni per l’annessione della Palestina aumentano e, con esse, la spinta a consumare la pulizia etnica e il genocidio dei suoi abitanti.

 

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