15 Febbraio 2024

Lo Yemen e la tossicodipendenza degli Usa dalle bombe

Le bombe? Una modalità facile ed economica per affrontare le crisi. Come dimostra il passato, non servono a nulla. Ma ormai sono una sorta di droga
Lo Yemen e tossicodipendenza degli Usa dalle bombe
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Le bombe sullo Yemen? Inutili, ma continueremo a bombardare. Così Biden alcuni giorni fa. In un articolo per Nesweek, Daniel DePetris spiega nel dettaglio come gli Stati Uniti non siano in grado di degradare o eliminare la forza del movimento yemenita, perché la sua intelligence non è in grado di individuare i magazzini di armi né è possibile eliminare le vie di rifornimento del movimento ribelle. Infatti, chiuso un canale, ne aprirebbero un altro.

U.S. Policy on the Houthis Is the Definition of Insanity | Opinion

Le vane bombe sullo Yemen

L’altro obiettivo, quello di esercitare una coercizione che li costringa ad addivenire a più miti consigli è vano: gli Houti non danno alcun segno di cedimento, anzi si sono rafforzati.

Non solo tengono la barra dritta, ma addirittura la loro lotta per ottenere un cessate il fuoco a Gaza – obiettivo degli attacchi alle navi dirette verso i porti israeliani – gli ha attirato le simpatie delle altre fazioni yemenite, prima ostili e ora alleate. Peraltro, continuando a bombardare c’è il rischio concreto di ampliare la guerra mediorientale, prospettiva che l’amministrazione Biden ha detto di voler frenare. Paradosso notevole.

Insomma, i raid aerei sono una pura “follia”, conclude DePetris, la follia di “continuare a fare sempre la stessa cosa nella speranza di ottenere un risultato diverso”. L’unico modo per riaprire alle navi cargo la via del Mar Rosso è quella di porre fine alla guerra di Gaza, conclude il cronista.

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Interessante, sulla vanità dei raid contro gli Houti, quanto scrive James Russel su Responsible Statecraft, il quale registra come le bombe sullo Yemen siano la stolida prosecuzione delle dinamiche già sperimentate nella guerra contro il terrorismo internazionale, risultate del tutto inutili.

Infatti scrive Russell, le bombe sono “il metodo preferito per influenzare il sistema internazionale. Tuttavia, è arduo rammentare un singolo attacco che abbia avuto un qualche impatto positivo e durevole una volta spente le telecamere”.

Bombardamenti: la vera droga degli Usa

Nonostante tali esiti, “curiosamente”, sia il governo che la pubblica opinione restano saldamente aggrappati a questo approccio muscolare, “come se fosse davvero ‘decisivo’, come se, paradossalmente, dimostrasse forza, impegno e risolutezza”.

In realtà, gli attacchi a lungo raggio, con missili e aerei, raramente hanno “raggiunto gli obiettivi politici e strategici propagandati. Eppure, restano una pericolosa chimera, una sorta di droga” per gli Stati Uniti, “alla disperata ricerca di un modo facile ed economico per conservare la propria influenza, il controllo e il primato globale in un mondo in preda al caos”.

“Come per altre droghe, l’effetto iniziale è euforizzante, ma la dipendenza, a lungo termine, è molto più che distruttiva, oltre che perniciosa e difficile (se non impossibile) da ricacciare”.

“Immersi dalle rovine che testimoniano bombardamenti che affondano le loro radici in un passato di oltre cinquant’anni fa – continua Russel – sarebbe opportuno iniziare un percorso di riabilitazione per affrontare la nostra dipendenza. Tuttavia, l’ondata di bombardamenti attuale dimostra che la dipendenza persiste in modo deprimente ed è più forte che mai”.