12 Gennaio 2024

Yemen: USA e Gran Bretagna iniziano una nuova guerra

Il raid arriva dopo l'accusa di genocidio contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia. Un modo anche per sviare il focus del mondo
Yemen: USA e Gran Bretagna iniziano una nuova guerra
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Le bombe americane tornano a flagellare lo Yemen, accompagnate da quelle britanniche. Il presidente Biden, che aveva iniziato il suo mandato dichiarando solennemente che voleva chiudere la guerra in Yemen, costata centinaia di migliaia di vite, tra cui moltissimi bambini, riapre un conflitto che si stava chiudendo grazie al negoziato che i sauditi hanno avviato con gli Houti.

Le bombe anglosassoni sullo Yemen

Le bombe anglosassoni hanno colpito diversi obiettivi dello Yemen, cinque le vittime. Un’aggressione in piena regola, dal momento che gli Houti non erano una minaccia per gli Stati Uniti né per la Gran Bretagna e colonie varie che si sono aggregate alla crociata. Finora, infatti, si sono limitati a colpire le navi dirette ai porti israeliani, e solo quelle, come modo di pressione su Tel Aviv perché fermi la mattanza di Gaza.

Invece di fermare la macelleria che si sta consumando nella Striscia, USA e Gran Bretagna, e colonie varie, hanno deciso di affiancarla con le loro bombe, rendendosi complici dei massacri della Striscia e del nuovo sangue che sarà sparso nella improvvida avventura bellica che hanno aperto in Yemen.

Gli Houti non hanno alcuna intenzione di fare un passo indietro, ha affermato il leader della milizia  Abdul-Malik al-Houth, il quale ha aggiunto che gli Stati Uniti “inviano bombe per uccidere il popolo palestinese. Questo non ci provoca? Non aumenta la nostra determinazione nella nostra legittima posizione?”

U.S. Missiles Strike Targets in Yemen Linked to the Houthi MilitiaDifficile dargli torto. Mai una guerra americana è stata più illegittima di questa. Compito arduo quello di riuscire ad ottenere un significativo consenso nell’ambito dell’opinione pubblica, che pure riuscì a creare anche nella guerra più che illegittima contro Saddam.

Supportando con i suoi jet quelli USA, il Regno Unito ha inteso dare nuovo slancio  al suo ruolo internazionale, un rilancio affatto muscolare, come si evince anche dall’annuncio – contemporaneo alle bombe – del premier Rishi Sunak di un nuovo finanziamento diretto a Kiev, che ha voluto anche visitare in un gesto simbolico di rinnovata sfida alla Russia. Una visita che ricorda quella del suo predecessore Boris Johnson, che nell’aprile del 2022 si precipitò a Kiev per far deragliare i negoziati di pace intrapresi dalle parti.

Il doppio standard del Consiglio di Sicurezza

Quanto alla decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha condannato “nei termini più forti” le azioni degli Houti perché in contrasto con la libertà di navigazione e aperto la via alle bombe, appare di grande interesse un’annotazione di Abdel Aziz Aluwaisheg, anche perché pubblicata sull’Agenzia di stampa ufficiale dell’Arabia Saudita.

How to deal with Houthi attacks on Red Sea shipping“Sebbene gli attacchi Houthi alla navigazione mercantile siano in chiara violazione del diritto internazionale, – si legge su Arabnews – la velocità con cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato questa risoluzione indica un chiaro doppio standard“.

“Confrontatelo con il fallimento del Consiglio nell’approvare una risoluzione che condanni Israele e lo inviti a fermare la guerra contro Gaza dopo più di 90 giorni di distruzione, la morte di più di 23.000 palestinesi e decine di migliaia di feriti e centinaia di migliaia di senzatetto. . Questo doppio standard è evidenziato e sfruttato cinicamente da gruppi come gli Houthi [nell’ambito della propaganda ndr], con notevole risonanza nella regione, minando così lo stato di diritto internazionale e la credibilità delle Nazioni Unite”. Anche qui è difficile dargli torto…

Dello stesso tenore la reazione di un altro alleato mediorientale degli USA, l’Oman, che per bocca del suo ministro degli Esteri Sayyid Badr Albusaidi, ha affermato: “È impossibile non denunciare il fatto che un paese alleato sia ricorso a questa azione militare mentre, nel frattempo, Israele continua a superare ogni limite con i bombardamenti, una guerra brutale e l’assedio di Gaza senza che ciò abbia alcuna conseguenza” (Responsibile Statecraft).

Infine, sul punto ci permettiamo una notazione di colore ma non troppo. Appare significativa la data del bombardamento: 11 gennaio, numero sul quale ancora una volta puntano i neocon, dal momento che l’11 settembre 2001 presero nelle loro mani tutto il potere dell’Impero. Se la guerra si allargherà all’Iran, come si sta rischiando, il loro potere negli USA aumenterà a dismisura e anche questo 11, stavolta di gennaio, resterà scritto sui libri di storia.

Il raid e la Corte

Ma, al di là dell’annotazione di cui sopra, si registra che il raid è giunto il giorno successivo all’apertura del dibattimento presso la Corte di Giustizia internazionale sulle accuse di genocidio avanzate dal Sudafrica contro la leadership israeliana.  L’iniziativa di Pretoria ha fatto scalpore, con i media globali, volenti o nolenti, che hanno rilanciato le accuse contro Tel Aviv.

Così non sembra affatto casuale la tempistica del raid contro gli Houti: si è riusciti in tal modo a sviare l’attenzione del mondo verso un altro focus, a impedire che i media rilancino come prima notizia l’accusa di genocidio e si interpellino su quando si sta consumando a Gaza.

Quanto alle accuse, è controverso se saranno accolte o meno dalla Corte, come resta controversa la possibilità di un impatto concreto sul conflitto di un’eventuale condanna di Israele, niente affatto scontata dati i rapporti di forza globali. Peraltro, la sentenza potrebbe arrivare tra anni.

Ma la Corte potrebbe comunque emanare una disposizione provvisoria a breve per intimare la cessazione delle ostilità, che poi è lo sviluppo che Tel Aviv più teme. Certo, anche un’eventuale disposizione provvisoria di tal fatta potrebbe risultare non attuabile, ma il vulnus per l’immagine internazionale di Israele, già più che offuscata, sarebbe enorme, forse irreparabile.

Ma se la guerra si amplierà all’Iran tutto ciò sarà dimenticato. Le fiamme del conflitto più grande mai divampato dalla Seconda guerra mondiale, con conseguenze catastrofiche per il pianeta (chiusura dello Stretto di Hormuz e tanto altro) bruceranno tutto, seppellendo anche tale dialettica sotto cumuli di cenere. Anche per questo, forte è la spinta per appiccare l’incendio purificatore.