Una piccola storia mondiale
Tempo di lettura: 2 minutiTra le pieghe del campionato di calcio che si disputa in Brasile si intrecciano tante storie umane, fatte di agonismo, fatica e sudore. E anche fortuna. Una di queste riguarda un ragazzo di belle speranze, ormai una piccola stella del football russo alla quale guardano con interesse anche diversi club di prestigio, inglesi e non solo. Lui si chiama Alan Dzagoev, ha venti anni e gioca nel Cska di Mosca, approdato al più prestigioso club russo dopo una breve carriera in squadre di categoria troppo inadeguate ai suoi piedi fatati. Aveva dieci anni in quel lontano 2004 e non sapeva che quell’anno il destino avrebbe fatto irruzione nella sua città, enclave cristiana in una regione abitata per lo più da islamici. Era il 1 settembre allora, e già calciava il pallone con tocco da predestinato. E quel primo settembre era il primo giorno di scuola. Atmosfera di festa, al rientro dalle vacanze, con scuole affollate di gente per l’occasione. Sono sette le scuole della sua città. La sua è la numero quattro, dalle sue parti non hanno fantasia per dare nomi alle cose. Alle nove e trenta un commando di terroristi fa irruzione in una delle scuole della cittadina. La storia purtroppo è notoria: i terroristi, ubriachi di droga e follia, prendono in ostaggio circa mille e duecento persone, tappezzano la scuola di ordigni esplosivi e lanciano a Mosca la loro sfida crudele. Siamo a Beslan, in Ossezia.
Solo tre numeri separano Alan dalla scuola teatro di quell’oscura tragedia, che è la numero uno. Fortuna, appunto. La notizia dell’assalto si diffonde in un baleno, vola di bocca in bocca, semina terrore, mentre distinti, si sentono gli spari dei mitra: i terroristi hanno messo mano al loro feroce lavoro. Il piccolo Alan, come tutti i suoi compagni, scappa a casa dove si barrica insieme alla famiglia, mentre nella città si scatena l’inferno. Mosca invia le sue truppe speciali, la scuola è stretta d’assedio, mentre al suo interno i terroristi incrudeliscono su insegnanti e bambini. L’assedio dura un giorno e mezzo prima che l’esplosione di una bomba – un bambino è stato costretto a sedersi su un ordigno a pressione ma ha lasciato la “presa”, forse colpito da un proiettile, forse un malore – inneschi il blitz delle teste di cuoio. Lo scontro è durissimo: i russi non sono abituati ad azioni del genere e l’irruzione non è pianificata in maniera adeguata, stante l’intervento affatto casuale per evitare una strage (i terroristi hanno già ucciso diverse persone nelle ore precedenti). Le bombe disseminate dai terroristi, insieme alla loro feroce determinazione, fanno il resto. Nella tragedia muoiono 335 persone. Tra loro si contano 156 bambini. Una strage di innocenti che sconvolge il mondo.
Per lui, Alan, quell’eccidio è un ricordo lontano oramai, ma deve essergli rimasto attaccato al cuore, giù nel profondo. tanto da portarselo in Brasile, a questi mondiali di calcio che il destino gli ha consegnato insieme a due piedi fatati. È trequartista il ragazzo, e ci sa fare davvero, tanto da far battere cuori induriti dal gelo e dalla vodka. Ma i suoi tocchi al pallone cattureranno gli occhi di tutto il mondo adesso – al di là della sorte della sua squadra che non gode certo del favore dei pronostici – almeno è quello che sperano i suoi tanti tifosi. Ma occhi lontani lo osserveranno con una tenerezza maggiore. Gli occhi di quanti in quel giorno terribile hanno pagato un conto salato a una guerra feroce, che ha portato via i loro familiari, i loro bambini. Gli occhi di Beslan.