9 Febbraio 2016

Di corpi, di santi e di preghiere

Di corpi, di santi e di preghiere
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Ha suscitato qualche controversia la dislocazione temporanea dei corpi di padre Pio e padre Leopoldo Mandic a Roma. Roba da medioevo, decisa anche per riempire di gente un teatro, quello del Giubileo, che appare svuotato dalle consuete folle.

Non ci imbarcheremo nella inane difesa di questa manifestazione di fede, ché certo bastano le libertà garantite dalla Costituzione nata grazie anche al contributo di anticlericali più lungimiranti. Ci piace però riprendere una provocazione di Oliviero Toscani, che si è detto scandalizzato dell’attrazione suscitata da una mummia (si riferiva nello specifico a padre Pio).

 

Ovvio che si tratta di una mummia, o di un corpo mummificato per usare un’espressione un po’ meno sarcastica, ma gli è che da quando nostro Signore si è incarnato, è morto ed è resuscitato con il suo corpo, il cristianesimo dà un valore altissimo alla carne, in particolare laddove è abitata dalla grazia divina. Come anche, in genere, alla materia, che pure è stata creata dal buon Dio (quasi un materialismo da questo punto di vista, altro dallo spiritualismo gnostico che la disprezza).

 

Come ben sa la fede dei semplici, veloce a comprendere l’essenza delle cose della terra e del cielo. Che si trova più a suo agio con la devozione verso i santi che non con le dottrine teologiche e le iniziative ecclesiali, troppo spesso abitate da mero impegno umano (che per questo non portano alcuna novità nel mondo che è già abitato, e bene, dall’umano; tra l’altro, senza novità non si dà progresso, né “progressismo”, per usare un termine caro ai media).

 

Quanto alle folle, se è vero che questo Giubileo non ne conosce, è vero anche che se papa Francesco avesse voluto attrarre all’urbe masse di fedeli avrebbe fatto a meno di sollecitare l’apertura di tante Porte sante in giro per il mondo. In realtà, e al di là del particolare, il cristianesimo ha un rapporto singolare con la matematica, basti pensare che è bastata la morte (e resurrezione) di Uno a salvare, tentativamente (come è cara al cuore anche questa ineffabile speranza del Signore…), tutti gli uomini.

 

A corollario di quanto scritto, e perché l’abbiamo scoperto in questi giorni, diamo spazio nella rubrica Come in cielo alla descrizione di un’altra processione, quella che accompagnò la traslazione del cuore di san Carlo a Roma.

C’era più folla allora, e più larga era la devozione. Quel tempo è andato, oggi non è più così e il cristianesimo è roba da minoranza. Non solo nel mondo arabo o asiatico.

 

Una condizione nuova, che il Signore ha donato ai suoi non certo come una sorta di maledizione in cui dibattersi, ma perché gli fosse più facile capire che è Lui che opera e cambia attraverso la sua grazia, non noi attraverso il nostro inane impegno. Così che fosse più facile anche affidarsi a Lui nella preghiera. Come suggeriva felicemente papa Luciani«Uno scrittore spagnolo ha scritto: “il mondo va male perché ci sono più battaglie che preghiere”. Cerchiamo che ci siano più preghiere e meno battaglie».

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