14 Aprile 2017

Un notes per il venerdì santo

Un notes per il venerdì santo
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L’immagine riportata è quella del crocifisso di San Damiano, la cui storia è legata indissolubilmente a quella di san Francesco, in particolare alla sua conversione.

Così racconta Tommaso da Celano:

 

Francesco era «già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti».

 

«Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita – l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra».

 

«“Francesco, – gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”.

 

Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere l’ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio».

 

«Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore».

 

Piace riportare questa storia perché Tommaso da Celano la racconta in maniera mirabile. E piace riportarla oggi, Venerdì santo, nel quale la Chiesa celebra la Passione del Signore, perché invita a guardare il crocifisso con «santa compassione».

 

Non che ci si possa inventare uno sguardo come quello di san Francesco, che è, né può essere altrimenti, dono del Signore. E però a tutti è possibile guardare al crocifisso almeno come il buon ladrone, che per caso si è ritrovato in quelle ore presso il Signore. Inchiodato dai suoi peccati a una croce analoga, anche se non certo santa come l’altra.

 

Allora può capitare, come è avvenuto a san Francesco, e come è avvenuto al buon ladrone, di incrociare lo sguardo del Signore. Come recita il bel canto della Chiesa: «Tu mi guardi dalla croce, questa sera mio Signor, ed intanto la tua voce mi sussurra dammi il cuor…».

 

Un canto che don Giacomo Tantardini aveva insegnato ai suoi e che spiega, in maniera semplice, la meccanica cristiana, che sta tutta in questo incrocio di sguardi.

 

Quello del Signore, che per primo guarda i suoi, quanti, magari prossimi ma con il cuore lontano, stanno presso la sua santa croce.

 

E quello dei suoi che, proprio perché sono guardati così, possono guardarlo partecipando, seppur di lontano, di quella santa compassione che riempiva il cuore di Francesco.

 

E di quella trepida speranza, quella del buon ladrone, che al Signore morente chiese di ricordarsi di lui dal Suo Paradiso. Una preghiera povera, da poveri peccatori, forse la più semplice ed efficace che il Vangelo ha consegnato ai suoi.

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