16 Novembre 2016

Trump la mossa della Merkel

Trump la mossa della Merkel
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Ha avuto certa eco la notizia della ricandidatura di Angela Merkel alla guida della Germania. Ne parlano i media profusamente, come dato in controtendenza rispetto alla vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti.

 

Si tratterebbe, infatti, come da dichiarazione di Norbert Roettgen, capogruppo alla commissione esteri del Bundestag, di una ricandidatura posta a garanzia dell’«ordine mondiale liberale» messo in discussione da Trump, fautore di un contrasto alla globalizzazione imperante.

 

Meno notizia ha fatto la decisione della Cancelliera di candidare il leader socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier alla presidenza delle repubblica, mossa che secondo gli analisti sarebbe semplicemente necessitata dalla sua ricandidatura alla Cancelleria, garantita appunto dal compromesso tra socialdemocratici e democristiani tedeschi.

 

In realtà la vera notizia è proprio quella riguardante la più alta carica dello Stato tedesco, che la Merkel ha consegnato, salvo imprevisti, all’attuale ministro degli Esteri, dopo lunga incertezza.

 

Steinmeier è sempre stato un aperto fautore del dialogo con Mosca, una linea che lo ha messo più volte in contrasto con i circoli nazionali e internazionali fautori di un aspro contrasto con la Russia.

 

Da questo punto di vista la candidatura di Steinmeier a presidente della Germania è invece perfettamente in linea con lo strappo all’attuale ordine internazionale realizzato a Washington con la vittoria di Trump. Non a caso l’endorsement della Merkel è arrivato dopo tale evento.

 

Se cioè è una risposta al nuovo vento che spira da Washington, non è in contrasto, anzi.

La vittoria di Trump mette in seria crisi l’Unione europea, oggi fondata sulla tenuta dell’attuale forma di globalizzazione e sull’egemonia tedesca.

 

Non solo l’Unione europea è chiamata a cambiare, anzi è a rischio la sua stessa tenuta. In ambedue i casi la Germania non sembra più poter fondare la sua prosperità futura sull’egemonia conquistata all’interno dell’Unione, che gli ha consentito di depauperare le altre nazioni in favore del suo sistema produttivo e finanziario.

 

La nomina di Steinmeier gli consente di cambiare prospettiva e guardare alla Russia, cosa che gli è stata fin qui negata dai crescenti attriti tra Mosca e mondo occidentale che l’hanno vista più o meno allineata e più o meno coperta.

 

D’altronde i legami tra Germania e Russia via socialdemocratici hanno un precedente illustre quanto simbolico, rappresentato dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder il quale, terminato il mandato, è diventato consulente di primo piano del colosso petrolifero russo Gazprom.

 

L’unione tra «la tecnologia russa ed il capitale tedesco, assieme alle risorse naturali russe e alla manodopera russa, rappresentano l’unica combinazione che da secoli spaventa gli Stati Uniti», aveva confessato candidamente, in una conferenza al Council on Global Affairs, Georges Friedman, esponente dei neocon americani.

 

Già, perché l’asse Berlino-Mosca può dar vita a un polo economico-finanziario potenzialmente primario a livello globale.

 

Quindi la mossa della Merkel è un rilancio e insieme un riposizionamento, ovvero l’apertura di una nuova prospettiva, peraltro favorita dal nuovo clima di dialogo che si dovrebbe sviluppare tra Mosca e Washington, tema che è stato il leit motiv della campagna elettorale di Trump.

 

Una direttrice “orientale” che è nel destino della Germania, la quale ha fatto dell’influenza sugli Stati ex sovietici un punto fondante del suo nuovo assetto geopolitico.

 

E che essa può sviluppare restando parte dell’Unione europea, sia nell’attuale forma che in altra, se il vincolo europeo andasse a riformarsi.

 

Ma che la Germania può realizzare anche svincolata dalla Ue, nulla importando quindi se l’Unione terrà o andrà a dissolversi sotto le spinte centrifughe alle quali sembra destinata a esser sottoposta nel futuro più o meno prossimo (ad esempio nel caso di una vittoria dell’anti-europeista Marine Le Pen in Francia).

 

In quest’ultimo caso, la Germania avrebbe quindi già pronto un piano B, al momento non all’orizzonte degli altri Stati del Vecchio Continente.

La mossa della Merkel ha quindi un respiro da statista. Giusto, nel caso, sia lei a guidare la Germania verso tale alta prospettiva.

 

Resta che una partnership stretta Russia-Germania, come evidenziano le dichiarazioni di Friedmann riportate in precedenza, susciterà reazioni e troverà contrasto. Ma questo è un altro capitolo di una storia ancora tutta da scrivere.

 

 

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