19 Luglio 2016

Ai Weiwei, Flowers

Ai Weiwei, Flowers
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C’è un elemento che caratterizza il paesaggio dell’isola di Lesbos da quando è iniziato il grande flusso di migranti provenienti dalla Turchia: sono i giubbotti di salvataggio  di cui vengono dotati i profughi per la traversata e che vengono abbandonati una volta raggiunto questo lembo di Europa.

 

È un elemento semplice, che ha colpito l’immaginazione di una artista, famoso e iper-mediatico, che in questi mesi ha seguito in modo molto attivo e diretto l’epopea dei migranti. L’artista è Ai Weiwei, è cinese, e ha avuto in passato rapporti tempestosi con il governo del suo Paese.

 

Da qualche mese gli è però stato restituito il passaporto e Ai Weiwei, che prima era in collegamento “globale” attraverso i social, invece si fa trovare fisicamente sui luoghi di alcune grandi crisi umanitarie. A Lesbos in particolare ha rivolto molte attenzioni e energie, diventando lui stesso volontario nel soccorso ai migranti nei momenti di maggiore emergenza.

 

Ma Ai Weiwei da artista ha anche un occhio molto “estetico” sulle cose. E quando si è trovato davanti a quella montagna di  giubbotti salvagente colorati ha visto subito degli oggetti attorno a cui lavorare, appunto, artisticamente. Già a febbraio aveva portato qualche centinaio di questi giubbotti a Berlino, avvolgendo le colonne dalla KonzertHaus in occasione del festival del cinema: installazione che aveva fatto il giro del mondo.

 

Ora Ai Weiwei si è ripetuto ma con un tocco poetico più profondo. Infatti con i giubbotti, divisi per colori e disposti a cerchio su dei dischi, ha composto dei fiori che ha fatto galleggiare sulle acque dello stagno del Belvedere di Vienna, uno dei posti turisticamente più attrattivi della capitale austriaca. I fiori vengono a comporre la “f” in carattere gotico di “flower”.

 

Ma il fiore scelto non è casuale, non solo perché ricorre spesso nel simbolismo religioso orientale (per il buddismo è simbolo di perfezione e totalità), ma perché immediatamente richiama il canto IX dell’Odissea quando i compagni di Ulisse, dopo aver assaggiato il fiore come facevano il Lotofagi, furono inghiottiti da una sorta di oblio. Un messaggio quindi che potrebbe suonare da monito per un’Europa che è vittima della stessa sindrome…

 

Ma l’installazione di Ai Weiwei va oltre questo schematico messaggio. E nella bellezza della composizione ci obbliga a ribaltare completamente lo sguardo sul fenomeno dei migranti. A vedere nella loro epopea umana un qualcosa di potentemente affascinante. A mettere in rilievo la bellezza delle attese, delle speranze, dei sentimenti che muovono quelle migliaia di persone. Ricordare che la loro umanità ferita e spesso umiliata è un fiore sbucato nel terreno della storia.

 

Ricordarlo poi in un paese, l’Austria, che presto tornerà alle urne con il rischio di eleggere un presidente pronto a “tagliare” quei fiori, ha anche una valenza politica che non si può dimenticare.

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