21 Novembre 2014

Il petrolio, la Russia e il mondo unipolare

Il petrolio, la Russia e il mondo unipolare
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«Il prezzo del petrolio sta scendendo da alcune settimane. Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno il calo è stato significativo: siamo arrivati a 73/75 dollari a barile (Brent), oggi siamo poco sotto gli 80 (a giugno eravamo intorno ai 100 dollari).

Se un calo tra l’estate e l’inverno è usuale, l’analisi degli indici registrati tra settembre e ottobre evidenzia un andamento anomalo. Soprattutto se teniamo conto di questi aspetti: la situazione in Medio Oriente (nel cui sottosuolo maggiore è la concentrazione di greggio) continua a essere instabile; altri produttori, come Libia, Nigeria e Russia per motivi diversi sono in difficoltà. Quindi, considerato che non ci sono stati crolli nella domanda dei paesi più grandi, come la Cina, un calo del 20-25% sui prezzi in così poco tempo è quantomeno strano». Così Orlando Sacchelli, in un articolo apparso sul Sole 24ore del 18 novembre.

 

Un’anomalia macroscopica che non appartiene al mercato. Secondo gli economisti Mario Lettieri e Paolo Raimondi, citati da Sacchelli, «dietro la decisione di far scendere il prezzo ci sarebbero diverse cause, tra le quali anche l’intenzione dell’Arabia Saudita (condivisa dagli Stati Uniti) di colpire economicamente l’Iran e la Russia».

Una tesi improbabile? Prosegue l’articolo: «Diciamo che non sarebbe la prima volta: nel lontano 1985-1986, infatti, come ricordano Lettieri e Raimondi, l’Arabia Saudita abbassò il prezzo del greggio di 3,5 volte, aumentando al contempo la produzione di 5 volte. Gli sceicchi non morirono di fame – anche se ci rimisero qualcosa (il costo del barile scese a dieci dollari) – ma l’Unione sovietica finì in ginocchio. Che qualcuno voglia ripetere quell’esperimento?».

 

In realtà la convergenza di interessi degli Stati Uniti, decisi a mettere in difficoltà la Russia, e dell’Arabia Saudita, che hanno nell’Iran sciita il loro storico nemico, ha una sua logica.

Sulla Stampa del 1 settembre, l’ex direttore della Cia James Woosley, spiegava che per piegare la Russia «la leva fondamentale è l’energia […] Mosca, per tenere in pareggio il suo bilancio ha bisogno che il prezzo del barile non scenda sotto i 117 dollari: se cala oltre quella soglia va in default, perché non ha altre attività economiche significative […] Nel momento in cui la Russia vedesse scendere i suoi ricavi energetici sotto la soglia di sopravvivenza economica, sarebbe costretta a cambiare linea o a fermarsi per mancanza di risorse. Il risentimento e l’instabilità interna diventerebbero insostenibili per Putin».

 

In effetti, in ambito Nato si sapeva che le sanzioni contro Mosca da sole avrebbero avuto efficacia incerta e questo calo del prezzo del petrolio, se non deciso a tavolino, certo risulta gradito. D’altronde quella che si sta consumando in Ucraina è guerra vera, non una semplice scaramuccia di confine. E la posta in gioco non è solo il futuro dell’Ucraina, ma quello della Russia, ovvero dell’unica potenza (nucleare) che i neocon vedono come un ostacolo all’idea che gli Stati Uniti restino la potenza egemone di un mondo unipolare, prospettiva che ha preso forma con la caduta del Muro di Berlino (la Cina è un gigante economico ma non ha armamenti e tecnologie tali da rappresentare analogo ostacolo).

 

Putin sa bene che in questo momento in gioco c’è il destino della Russia (e del mondo), per questo non può permettersi di perdere in Ucraina, travagliata da una guerra sempre più sporca (ieri un convoglio di osservatori dell’Osce è stato fatto bersaglio di un agguato portato da militari di Kiev), sempre più avviluppata da una nube tossica che ne inquina l’informazione. Ed è anche per questo che il presidente russo sta allacciando nuovi legami con la Cina (ieri l’annuncio di esercitazioni militari congiunte nel Mediterraneo a primavera) e altri Paesi che non si ritrovano nella prospettiva immaginata dai neocon.

 

Situazione altamente rischiosa per il mondo, destabilizzato da un confronto geopolitico che può degenerare. L’Unione europea potrebbe giocare un ruolo distensivo, sarebbe anche nel proprio interesse, ma sembra capace solo di balbettare a comando riguardo sanzioni che forse nel tempo infliggeranno ferite a Mosca, di certo colpiscono da subito la sovranità dei Paesi europei e la loro economia, a detrimento dei propri cittadini.

 

 

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