7 Marzo 2019

Bloomberg: l'intervento Usa in Venezuela sarebbe un disastro

Bloomberg: l'intervento Usa in Venezuela sarebbe un disastro
Tempo di lettura: 3 minuti

John Bolton torna minaccioso sul Venezuela, dichiarando che gli Stati Uniti imporranno sanzioni sugli istituti finanziari che hanno rapporti con Caracas.

Si stringe la morsa su Caracas, che già vede congelati i fondi della compagnia petrolifera di Stato stanziati in Occidente; confiscato l’oro  – 1.2 miliardi di dollari – depositato nella Banca d’Inghilterra; nonché aggravato il regime sanzionatorio pregresso.

Misure che stridono in maniera ironica, se non fosse tragica, con la mancetta che gli Stati Uniti pretendevano inviare nel Paese come “aiuti umanitari”.

Venezuela: nessun piano B

Propaganda a parte, la nuova assertività del Consigliere per la sicurezza nazionale Usa segnala che lo sforzo per ottenere il regime-change venezuelano resta ancora sul piano diplomatico.

La via dell’intervento armato, minacciata più volte, è evidentemente più ardua di quanto gli strateghi neocon si aspettavano.

RIA-NOVOSTI

Tanti i freni in tal senso. Sul punto, un lucido articolo di Ivan Danilov su Ria Novosti della scorsa settimana.

Secondo Danilov, gli Stati Uniti avevano venduto ad alleati e clienti la pelle dell’orso con largo anticipo, assicurando loro che Caracas sarebbe collassata in 24 ore (lo ha rivelato il Wall Street Journal).

Non è andata così, perché l’apparato militare venezuelano non si è liquefatto come immaginato, anzi.

E le rare defezioni, che si contano sulle dita delle mani, pur amplificate dalla propaganda, non hanno provocato l’effetto valanga pronosticato.

Neanche l’arrivo degli aiuti americani nel Paese a fine febbraio ha dato i frutti sperati. I neocon erano convinti che le forze armate venezuelane si sarebbero rivoltate contro il presidente Maduro aprendo le frontiere al convoglio e unendosi all’opposizione.

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Juan Guaidó a fianco di Mike Pence

Altra illusione. Sul punto, Danilov segnala l’importanza di un particolare: a coordinare il convoglio è stato lo stesso vicepresidente Usa Mike Pence, volato appositamente in Colombia.

Proprio la modalità “quasi manuale” del coordinamento di Pence denota che il progetto di far cadere il governo creando criticità attraverso l’invio di aiuti umanitari è stato affatto improvvisato.

Tale la supponenza dei neocon, i quali erano così convinti del crollo subitaneo di Caracas da non prevedere un piano B.

La superpotenza e l’onnipotenza

Peraltro, scrive Danilov, gli Stati Uniti erano certi di riuscire a far convergere sulle proprie posizioni gran parte del mondo.

Ma se vero che molti Stati dell’Occidente e dell’America latina hanno prontamente riconosciuto Juan Guaidò come presidente legittimo del Venezuela, come richiesto, si sono però detti contrari a un intervento militare.

Così l’ipotesi di creare una coalizione “sul modello iracheno” contro Caracas non appare percorribile (almeno al momento).

Resta l’ipotesi di un intervento in solitaria di Washington. Eventualità che però indebolirebbe in maniera considerevole “le posizioni dei regimi filo-americani del Sud America” e creerebbe “gravi problemi per il futuro nella regione, che ha una accentuata sensibilità storica riguardo le manifestazioni dell’interventismo” Usa (vedi dittature anni ’70).

Tale intervento, peraltro, non potrebbe limitarsi a creare un nuovo governo filo-americano. Questo dovrebbe fare i conti con la resistenza dell’apparato militare e con il consenso di cui gode Maduro nel Paese. Non reggerebbe.

I militarsi Usa dovrebbero dunque puntellarlo, trasformandosi in forze di “occupazione”.

Un intervento lungo, dunque, costoso e che influenzerebbe  “negativamente il rating presidenziale, che calerebbe dopo ogni attacco riuscito dei ‘partigiani-chavisti'”, che, dati i presupposti, non mancherebbero.

Anche i proventi petroliferi, che fanno così gola a Washington, sarebbero a rischio. I “giacimenti petroliferi“, scrive Danilov, “non si trovano negli edifici governativi di Caracas, ma nella giungla, cosa che complica enormemente il compito di proteggere l’infrastruttura petrolifera”.

Insomma, diverse le insidie di un intervento. Tanto che, ricorda Danilov, gli analisti del “Bloomberg Business Information Agency scrivono addirittura che l’invasione del Venezuela sarà un disastro“.

È l’annoso abbaglio dei neocon, che scambiano la superpotenza, nel caso specifico quella americana, per onnipotenza.

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