Brexit: sangue sul referendum
Tempo di lettura: 2 minutiL’omicidio della deputata laburista Jo Cox richiama, per suggestione, dinamiche usate. Gli assassini dell’Isis, lupi solitari o meno, prima di compiere il loro rito sacrificale urlano “Allah Akbar”. L’assassino di Londra invece ha gridato: “Britain First”, nome di un gruppo nazionalista pro-Brexit.
Poco importa che a raccontare il particolare sia stato uno solo dei testimoni, mentre altri non l’hanno sentito affatto. Tanto che le autorità inglesi non hanno confermato. Ormai tale rivendicazione, vera o falsa che sia, è stata consegnata alla cronaca e all’immaginario collettivo. E quindi alla storia.
L’assassino ha colpito con una pistola non usuale: un testimone ha riferito di un’arma costruita forse artigianalmente; Goffredo Buccini, sul Corriere della Sera di oggi, scrive che potrebbe essere una «pistola da museo».
Arma singolare. Sia costruirla, se artigianale, che reperirla, se da museo, richiede certa scaltrezza, non usuale per un uomo con una malattia mentale acclarata (era in cura). Soprattutto è un tipo di arma che evita la filiera di controllo e di verifiche investigative. Stratagemma molto sofisticato.
Il killer era tra l’altro associato a gruppi suprematisti e neonazisti Usa, i cui affiliati spesso riservano infauste sorprese, ma conservano inspiegabile libertà di azione.
Al di là delle dinamiche dell’assassinio, ancora non chiare date le testimonianze divergenti, in molti, sui media e altrove, si interrogano sulle ricadute che tale omicidio può avere sull’esito del referendum.
Diverse le risposte di analisti e giornalisti, però a quanto pare i mercati, finora terrorizzati dalla Brexit, credono che avrà un effetto pro-Ue. D’altronde gli squali amano da impazzire il sangue.
Ma oggi è più importante fermarsi al cordoglio per l’ennesima vittima innocente. Lasciata indifesa, nonostante avesse ricevuto ripetute minacce negli ultimi mesi.
Settimana impazzita quella che si sta dipanando. Iniziata l’11 giugno con l’uccisione della cantante Christina Grimmie a Orlando, ad opera di un folle. Seguita, il giorno dopo sempre a Orlando e sempre ad opera di un pazzo, dalla strage in un gay club. Quindi un altro pazzoide, un altro lupo solitario marcato Isis, uccide due poliziotti in Francia. Infine ieri l’omicidio della pasionaria pro-Ue.
Insomma, per un’infausta coincidenza temporale, sono davvero tanti i pazzi all’opera in questi giorni. Non abbiamo strumenti per sciogliere l’arcano, ma forse la tensione che agita il mondo occidentale non aiuta a sedare certe follie: lo scontro all’ultimo sangue delle elezioni americane e quello per il referendum britannico sembra eccitare gli animi, a tutti i livelli.
Né potrebbe essere diversamente, data la posta in gioco, in America come in Gran Bretagna come a livello globale.
Proprio perché tale follia si dipana in questo tempo cruciale val la pena porre una domanda altrettanto cruciale: possono le azioni di un pazzo determinare il corso degli eventi storici? Purtroppo sì: la storia è piena di esempi.
Per farne solo uno recente, la follia di Ygal Amir, il fanatico che uccise Yitzhak Rabin, ha chiuso, ad oggi sembra in maniera permanente, un’ispirata fase di dialogo tra israeliani e palestinesi.
Si spera che l’esito del referendum sulla Brexit, quale che sia, non sia stato deciso ieri dalle pallottole di un folle, ma dal voto dei cittadini britannici.