1 Luglio 2013

Una folla immensa contro Morsi

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Ieri milioni di manifestanti sono scesi nelle principali piazze dell’Egitto per protestare contro Morsi, in quella che, secondo fonti dell’esercito, sarebbe stata la più grande manifestazione di protesta della storia del Paese.

Otto i cortei che hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente egiziano. Al Cairo, in Piazza Tahrir, è tornato a riecheggiare lo slogan già usato contro Mubarak: «La gente vuole la fine del regime», e poi «Morsi vattene!». Per ora i bilanci parlano di circa una decina di morti (numero piuttosto limitato, rispetto al bagno di sangue che tutti temevano) e 400 feriti, un paio di sedi del partito della Fratellanza incendiate e alcuni tafferugli tra pro e anti Morsi, che hanno causato feriti.

Eppure quella che si annunciava ieri era una giornata difficilissima, alla cui vigilia, peraltro, Tamarrod aveva fatto sapere che aveva raccolto 22 milioni di firme per chiedere le dimissioni di Morsi: un numero enorme, se vero, corrispondente ad un quarto del Paese. Di fronte alle tensioni di piazza (tutto sommato assai limitate), il gran imam di al Azhar,  Ahmed el Tayyeb, ha invitato i cortei a “dare prova di moderazione ed evitare qualsiasi forma di violenza” per  “fare prevalere l’interesse superiore della patria” evitando “atti che possono metterlo a rischio”.

Dalle colonne del Guardian, invece, Morsi fa sapere a opposizione e manifestanti che non ha alcuna intenzione di rassegnare le dimissioni: «Ci possono essere dimostrazioni ma non si può mettere in discussione la legittimità costituzionale di un presidente eletto». «Se cambiassimo qualcuno eletto secondo la legittimità costituzionale – ha spiegato -, ci sarà qualcuno che si opporrà anche al nuovo presidente e una settimana o un mese dopo chiederanno anche a lui di dimettersi», ribadendo quindi: «il punto cruciale è l’applicazione della Costituzione».

L’esercito per ora sta in disparte, ma se la situazione dovesse precipitare, è pronto a intervenire. Lo ha comunicato una decina di giorni fa. Immettendo una variabile imprevedibile su quanto sta accadendo nel Paese.

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