7 Ottobre 2013

Berlusconi, duello Letta-Alfano

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«Il ventennio è finito», attacca Enrico Letta. «Dal Pd non accettiamo ingerenze nel Pdl», replica a stretto giro di posta Angelino Alfano. Polemica che appare teatro e che serve al segretario del Pdl per rafforzare la propria posizione di fronte agli attacchi dei falchi che lo vogliono buttare giù dallo scranno accusandolo di tradimento. Difendendo il Cavaliere, Alfano replica alle accuse dei suoi avversari e, allo stesso tempo, cerca una sponda nel capo per resistere alla loro furia. D’altronde, il Cavaliere ha sempre difeso il suo delfino di fronte ai suoi detrattori, anche nel momento in cui il cosiddetto tradimento si andava consumando.

È una battaglia che si annuncia lunga quella dentro il Pdl, dal momento che la posta in gioco è la creazione di un partito senza Berlusconi. Cosa alla quale il Cavaliere ha dato il suo placet anticipato, affidando questo compito al suo delfino. Non ha il fisico Alfano, ma può riuscire, dal momento che oltre che alla sponda del Cavaliere ha quella di Enrico Letta, che su di lui ha puntato per la sopravvivenza del governo.

Letta, dopo la crisi a sfondo psichiatrico della scorsa settimana, è più forte. E se ne è accorto anche Renzi che ora giura di lavorare in tandem con lui dopo avergli sparato contro per mesi a palle incatenate. Una conversione, forse, nella speranza di spuntare almeno la guida del partito. O forse è solo tattica e una volta che sarà incoronato segretario del Pd ricominceranno le danze. Lo dirà il futuro.

Intanto Grillo lancia il suo grido di guerra e incalza, al solito, le larghe intese, attaccando le «lobby occulte» che le avrebbero generate. Ma al di là delle frasi d’ordinanza, colpisce la chiosa secondo la quale Berlusconi «è solo uno dei tanti predatori dell’Italia, forse neppure il peggiore». Non si può non concordare; e il fatto che lo dica è un bene: parlare di chiusura del ventennio berlusconiano come evento epocale è rischioso. Addossare tutte le colpe dello sfascio italiano al Cavaliere è un modo per non guardare le responsabilità di altri che, a differenza di Berlusconi, sono ancora in servizio attivo, in Parlamento e fuori.

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