La roulette di Putin
Tempo di lettura: 3 minuti«A Sochi Vladimir Putin ha già vinto una medaglia d’oro: quella dell’arroganza». Inizia così un editoriale del Corriere della Sera di Franco Venturini. Un editoriale al vetriolo contro «il tenebroso sovrano di Mosca» che ospita i giochi Olimpici. Un fiume in piena di accuse al Presidente russo, che ripercorre tutte le critiche che negli anni certa stampa occidentale ha accumulato contro il personaggio. Dalle repressioni dei diritti civili alle discriminazioni contro i gay, dalla condanna contro le Pussy Riot ad altre, sulle quali eviteremo di dilungarci. Un livore esasperato quello di Venturini, che ne obnubila la penna in diversi passaggi. Non interessa in questa sede ribattere al profluvio di critiche, che in qualche punto hanno certo fondamento, ma che dovrebbero essere più seriamente argomentate: se vero che il regime russo è autarchico e ha aspetti antidemocratici, è pur vero che da decenni le Ong made in Usa, e non solo, di stanza a Mosca tentano di creare i presupposti per una rivoluzione colorata in salsa russa analoga a quelle che travolsero i governi dei Paesi dell’Est negli anni ’90 (nelle quali le Ong occidentali ebbero un ruolo primario). E se è vero che le Pussy Riot hanno subito una dura condanna per il loro gesto, è pur vero che tanta mobilitazione internazionale per la loro liberazione è stata pretestuosa: se un gruppo satanico avesse ballato il suo sabbah, questo il concerto condannato, a St. Patrick e i magistrati americani avessero proceduto per vilipendio della religione, si sarebbe dato l’analogo? E riguardo alle menomazioni dei diritti civili, le intercettazioni di massa ad opera della Nsa, dalle quali gli Usa ancora non riescono a uscire, non sono certo meno gravi. Insomma c’è tanta materia di riflessione, né vogliamo in questa sede, come detto, ergerci a difensori dello zar moscovita.
Se abbiamo segnalato l’editoriale di Venturini è per il passaggio che riportiamo: «la sua [di Putin] marcia di avvicinamento ai Giochi fa pensare a uno zar troppo propenso a credersi onnipotente. E quando si gioca alla roulette si rischia di perdere. Non auspichiamo certo che a Sochi o altrove in Russia si verifichino attacchi terroristici, ma l’insidia esiste». Passaggio davvero delicato e forse reso infelice dalla vis polemica del giornalista: non un auspicio, certo, di qualche atto terroristico, ma insomma, se poi qualche attentato avvenisse è solo colpa di Putin e, in fondo, se lo merita tutto. Una considerazione del tutto inaccettabile: il terrorismo, di qualsiasi forma e natura non può che essere rifiutato, sia quando prende di mira le Torri Gemelle che quando intende colpire i Giochi di Sochi. Ma forse, come detto, è solo un’espressione infelice.
Conclude l’articolo: «Forse la vera fortuna dello zar è di non essere l’unico fuori misura, perché nei confronti della Russia gli europei continuano a dividersi e Victoria Nudland si è resa colpevole non tanto di aver espresso un duro giudizio sulla Ue quanto di aver dimenticato, proprio lei americana, quanto sia facile intercettare una telefonata». In realtà la colpa della Nudland è altra e ben più grave: la telefonata citata da Venturini, come si riporta in nota, evidenzia come funzionari Usa, a diversi livelli, muovano i protagonisti dei moti di piazza a Kiev come burattini (chi deve andare al governo, chi debba invece continuare a «fare i compiti a casa» etc.). Un’ingerenza indebita che fa intravedere tutta l’ipocrisia che sottende alle analoghe accuse lanciate dall’Occidente contro la Russia. Il problema ulteriore, ed è colpa ben più grave, è che pur di mettere in crisi l’odiato nemico, questi funzionari hanno beneficiato della forza d’urto dei gruppi neonazisti (su alcuni siti sono state pubblicate foto di questi giovani virgulti del neonazismo ucraino addestrati in strutture Nato). E dire che l’Europa persegue il negazionismo…
Al di là delle boutade contenute nell’editoriale del Corriere della Sera, forse uno scherzo di carnevale, si segnala la dura reazione della Cancelliera Merkel all’insulto telefonico della Nudland («fanc… l’Europa»). Gli è che la Germania da tempo intesse fiorenti rapporti commerciali con la Russia. E l’attuale ministro degli Esteri, Frank Walter Steinmeier, era il capo della segreteria dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, che con la Russia ebbe buoni rapporti. Una storia personale e politica che negli ultimi tempi ha fatto sì che la Germania si dissociasse dall’approccio militare con il quale la diplomazia occidentale, non solo Usa, ha affrontato la questione Ucraina. Una dialettica che non può che far del bene a quanti sperano che l’Europa abbia un destino meno conflittuale di quello che gli riservano gli apprendisti stregoni che giocano con il fuoco del neonazismo ucraino.